Il dirigente manca un po’ troppo spesso dal posto di lavoro. Il quantitativo dei giorni di assenza – tali da giustificare il licenziamento secondo il CCNL – ha valore solo orientativo, essendo da soppesare in relazione al caso concreto. Né l’uomo può salvarsi in extremis indicando supposte, nobili, motivazioni che lo avrebbero allontanato ogni tanto dalla sede di lavoro. Questa la vicenda ripercorsa dalla Cassazione nella sentenza 16451/12.
Una vacanza extra, ogni tanto … L’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Lazio licenziava un lavoratore lamentando un certo numero di assenze ingiustificate e altre giustificate solo tardivamente o irregolarmente. Il Tribunale di Latina riteneva sproporzionata la sanzione irrogata anche in relazione alle disposizioni del CCNL: infatti era solo una la mancanza priva di giustificazione.
Di diverso avviso la Corte d’Appello di Roma: l’uomo, un dirigente, era stato assente in bene cinque frangenti senza una buona scusante. Quindi ben aveva l’Arpa proceduto a recedere. Seguiva poi il ricorso in cassazione.
Il CCNL ha valore puramente orientativo. Il contratto di categoria stabilisce la sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso per assenza ingiustificate per oltre dieci giorni: la Corte territoriale ha giustamente osservato che le indicazioni in materia hanno valore puramente «parametrico e orientativo», fotografando solo ipotesi di massima che in realtà vanno meglio valutate e soppesate alla luce del caso concreto.
Assente? Sì, ma per fare il Consigliere in Municipio. Questa la difesa dell’ormai ex dirigente. In realtà la documentazione prodotta non ha dato prova né dell’avvenuta comunicazione (preventiva o successiva) dell’assenza, né un’esplicitazione delle effettive ragioni a monte di tutto. Colpa dell’uomo, quindi, non aver reso possibile il controllo tempestivo delle sue assenze dal lavoro, violando il principio di correttezza e di buona fede reciproca.
Rimborso più ricco per l’Arpa. L’Agenzia Regionale laziale trova buon esito con uno dei due motivi di ricorso incidentale. La restituzione a carico del lavoratore licenziato sarebbe dovuta avvenire con gli interessi dai versamenti al saldo, decorrenti dalla data della sentenza di primo grado. Oltre al danno, al lavoratore un po’ troppo spesso assente spetta così anche la beffa.
La Stampa – 16 dicembre 2012