Già spesi 80 milioni per i primi 55, che diventeranno studi associati. I medici: «Ci rimettono i malati»
Michela Nicolussi Moro. Tramontate definitivamente. Le Medicine di gruppo integrate (MGI), cioè gli ambulatori h12 o h24 che dovevano essere il perno della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Piano sociosanitario, non si fanno più. Troppo costosi. E’ il diktat imposto alla Regione dal ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) e ripreso dalla Corte dei Conti nell’ultimo «Referto al Parlamento sulla gestione dei Servizi sanitari regionali». «Il Tavolo tecnico (del Mef) per la verifica degli adempimenti regionali ha evidenziato l’elevata crescita del costo per i convenzionati nel 2016 — scrive la magistratura contabile a proposito del Veneto — legato principalmente alla crescita del costo dei medici di medicina generale, nonostante non siano intervenuti nel periodo 2014/2016 rinnovi di convenzioni nazionali. Tale situazione non viene riscontrata in nessun’altra regione. Il Veneto — ecco il punto chiave — ha rappresentato che nel 2015 è stata disciplinata la Medicina di gruppo integrata e il Tavolo rileva come possa compromettere gli obiettivi finanziari dell’intero Servizio sanitario della regione. Oltre a rappresentare un’onerosa modalità organizzativa, di cui è necessario valutare i costi-benefici, anche in relazione alla possibile implementazione della stessa da parte di altre Regioni».
E indica la spesa correlata: «Un finanziamento regionale vincolato di 25 milioni l’anno per il quadriennio 2015/2018 specificamente dedicato alla realizzazione di nuove Medicine di gruppo integrate. Il Tavolo rileva che la previsione del raggiungimento dell’80% della copertura… appare non compatibile con l’onere previsto, cioè 100 milioni contro i 130 da relazione regionale. Il Veneto riferisce che gli oneri a regime di 130 milioni sono in parte finanziati e in parte da finanziare e da mantenere nel tempo». Contestazione mossa dal Mef già la scorsa estate alla giunta Zaia, che a giugno aveva approvato una delibera per affidare al direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan, «una relazione di approfondimento, con l’analisi dei costi sostenuti e futuri e una valutazione di impatto sull’equilibrio di bilancio per il triennio 2017-2019». «Il Tavolo chiede chiarimenti sulla crescita del costo per la medicina in convenzione nel 2016, pari a 555,5 milioni, in aumento di 8 milioni rispetto al 2015 — recita la delibera — e di 11 rispetto al 2014. Tale aumento è legato principalmente alla crescita del costo per i medici di medicina generale, pari a 402 milioni di euro, in aumento di 7,8 milioni sul 2015 e di 9 sul 2014. Al netto del costo dei convenzionati della Regione Veneto, il costo totale nazionale dei convenzionati, pari a 6 miliardi, incrementa di 589 milioni sul 2015 e di 1,8 miliardi sul 2014». Ministero e Corte dei Conti sono dunque preoccupati che gli ambulatori h24 non solo mettano a repentaglio i conti del Veneto ma siano pure mutuati dalle altre Regioni, comportando un esborso aggiuntivo per il sistema.
A settembre la relazione di Mantoan spiega al Mef che per l’attivazione di 55 MGI, sulle 86 autorizzate, Palazzo Balbi ha speso 80 milioni e che i restanti 50 sono reperibili nelle pieghe del bilancio. Ma a ottobre la risposta è categorica: «Bloccate il progetto, vi monitoriamo. Anche perchè se le altre Regioni lo copiano, il sistema rischia un esborso di 1,5 miliardi di euro, che non intendiamo sostenere». Alla Regione non resta che stoppare gli altri 31 ambulatori — il motivo dello sciopero poi indetto dai medici di base — e non convocare più la Crite dedicata, la Commissione per gli investimenti tecnologici e in edilizia. Quanto alle MGI già esistenti, conclusi i tre anni di sperimentazione diventeranno Medicine di gruppo semplici, cioè studi associati di dottori di famiglia senza più specialisti e in funzione 7 ore al giorno. «Non faremo più battaglie — dice Domenico Crisarà, segretario di Fimmg Veneto (medici di base) — ma a perdere sono i malati, soprattutto i cronici. In più saltano 4mila posti di lavoro».
Per il resto la Corte dei Conti promuove il Veneto per il bilancio in attivo dal 2012 al 2016 e per il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza. Il Fondo sanitario è salito dagli 8,5 miliardi del 2012 agli 8,7 del 2016, mentre è sceso il debito con i fornitori, da 2,8 miliardi a 1,2. Infine Palazzo Balbi avanza 403 milioni dalle altre Regioni per averne curato i malati e ne deve a sua volta 241,8, per un saldo attivo di 161,4 milioni.
Il Corriere del Veneto – 22 marzo 2018