Tutele “crescenti” per il contratto a tempo indeterminato, salario minimo per i lavoratori non protetti dalla contrattazione collettiva, compresi i parasubordinati, riordino e razionalizzazione delle forme contrattuali, coordinamento delle ispezioni.
Il nuovo articolo 4 del disegno di legge delega sul lavoro è destinato a incidere profondamente sulla normativa attuale, tant’è che uno dei decreti che il governo dovrà presentare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del ddl, dovrà contenere «un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro». Si tratta del “riordino” auspicato da tempo dalle parti sociali e dalle associazioni imprenditoriali: qualcuno arriva a contare fino a 46 diverse forme contrattuali, e la varietà non costituisce certo un vantaggio a favore del lavoratore. L’obiettivo è quello di eliminare «duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative».
L’art.4 prevede che il contratto a tempo indeterminato sia “a tutele crescenti” per tutti i nuovi assunti, ma non c’è il termine di tre anni previsto dai vari progetti e proposte in discussione da tempo per l’ottenimento della piena garanzia del posto. L’emendamento depositato ieri dal governo «non parla né di tre né di sei anni», sottolinea il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova, ma di tutele graduate sulla base dell’anzianità di servizio: in definitiva l’indennizzo che il datore di lavoro dovrà versare al lavoratore, in caso di licenziamento illegittimo, crescerà con la maggiore anzianità aziendale, ma le condizioni del contratto a tempo indeterminato scattano dall’inizio. La norma dovrebbe costituire il ponte per il definitivo superamento dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori, che prevede che il giudice possa disporre per i dipendenti delle aziende con più di 15 lavoratori il reintegro nel caso di licenziamento illegittimo. Rimarrebbe la possibilità di reintegro nel solo caso di licenziamento discriminatorio, ma il dibattito sull’abrogazione definitiva dell’art.18 è ampiamente in corso, per cui non c’è certezza sulla soluzione che il governo adotterà con i decreti delegati. «La norma vuole venire incontro alle vere esigenze del Paese — dice il sottosegretario Bellanova — e tra queste non c’è sicuramente quella di facilitare i licenziamenti. Il problema piuttosto è quello di far costare meno questa tipologia contrattuale, perché i datori di lavoro possano continuare a utilizzarla». Il ddl, rivendica Bellanova, opera in maniera organica sotto il profilo della flexsecurity, «ridisegnando il sistema degli ammortizzatori sociali per ampliare la rete di protezione». E in questa direzione va anche la norma che introduce il salario minimo per tutte le categorie prive della tutela di un contratto collettivo, compresi i «rapporti di collaborazione coordinata e continuativa».
Mentre la «revisione della disciplina delle mansioni» prevista dall’art.4 mira a rendere più flessibili i processi di riorganizzazione aziendale, attraverso un’ampia possibilità di «riscrittura» dei compiti del lavoratore. In definiva, sarà possibile il demansionamento, «dentro esigenze che vengono condivise e concordate all’interno dell’azienda», precisa il sottosegretario. Ancora, la delega introduce una razionalizzazione dell’attività ispettiva: verranno coordinate le attività di Ispettorato, Inps, Inail, Asl e Arpa, eventualmente attraverso l’istituzione di «una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro».
Repubblica – 18 settembre 2014