La migliore dieta? Quella veneta, con piatti della tradizione locale e prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento nostrani. All’inizio della bella stagione, quando la necessità di cominciare a spogliarsi fa rima con l’imperativo di perdere i chili di troppo, i veneti si ritrovano in tavola una bella notizia: per tornare in forma basta mangiare i «soliti noti» risi e bisi, sarde in saor o pasta e fagioli.
Cibi poveri di calorie e alla portata delle tasche di tutti. Emerge dal progetto avviato dall’Usl 5 ovest Vicentino in collaborazione con il Comune di Montecchio e «Slow Food Veneto» (associazione non profit impegnata a ridare valore al cibo), per contrastare l’obesità infantile. Il protocollo, unico in Italia, ha coinvolto dieci bimbi tra 8 e 10 anni in sovrappeso o obesi, che con i genitori hanno partecipato a sei incontri con esperti e cuochi per imparare, anche con assaggi, a conoscere e a cucinare (questo rivolto a mamma e papà) i «must» della produzione agroalimentare e della cultura regionali.
«L’obiettivo è di migliorare lo stile alimentare dei ragazzi e delle loro famiglie, sostituendo nella pratica quotidiana i cibi ricchi di calorie ma poveri sotto il profilo salutistico con quelli della tradizione veneta — spiega il dottor Francesco Francini, responsabile scientifico del progetto e nutrizionista dell’Azienda ospedaliera di Padova —. E cioè legumi, cereali, latticini, carni e pesce pregiati che, assunti nelle giuste quantità, possono contribuire in modo determinante ad un’alimentazione sana e gratificante per il palato, senza appesantire la spesa per le famiglie». Ecco allora un giorno di dieta-tipo: a colazione latte prodotto nel Bellunese o nel Trevigiano, cereali o pane e marmellata, fatta in casa con frutta dei nostri campi; a pranzo zuppa con orzo, riso, pasta e legumi, oppure pasta e fagioli, o ancora orzo e fagioli o risi e bisi (piselli), conditi con olio del Garda o dei Colli Euganei e una spolverata di Grana stagionato locale; a merenda frutta (per esempio mele e pere); a cena pesce di Chioggia o d’acqua dolce (la trota), oppure pesce azzurro (sarde in saor, sardine), che è piccolo e quindi meno inquinato, perchè all’inizio della catena alimentare, con polenta o verdure. In alternativa uova e asparagi, o bollito (la carne rossa aumenta il rischio cardiovascolare e oncologico perchè cotta ai ferri: la parte bruciata è tossica), o gallina padovana o altri animali da cortile. «Il vantaggio di questi piatti è che sono buoni, saziano e non ingrassano, perciò piacciono anche ai bambini — spiega Francini —. E’ più facile seguire la dieta veneta piuttosto di altre caratterizzate da pietanze preparate in modo povero. Per esempio, pasta e fagioli o risi e bisi è una delle combinazioni migliori in assoluto, molto saziante e con poche calorie, perchè le proteine di legumi e cereali, singolarmente incomplete, si compensano. Un’altra leggenda da sfatare è che il formaggio è dannoso: non è vero, il Grana, l’Asiago e le formulazioni create con il latte di mucca allevata in montagna e alimentata a fieno e non a mais, contengono calcio, vitamine e grassi salutari. Chi consuma i derivati del latte, che riducono la pressione arteriosa, non va incontro a malattie cardiovascolari. Infine le uova — chiude il medico — non solo non fanno male, ma aumentano il colesterolo buono e abbassano i trigliceridi». I bambini arruolati nel protocollo saranno rivisti e ripesati tra sei mesi, per appurarne i miglioramenti. Intanto il progetto, per questa prima tranche finanziato da «Slow Food Veneto» e ambientato nei locali del Comune di Montecchio, sarà replicato in altre province del Veneto e presentato ad Expo.
M.N.M. – Il Corriere del Veneto – 2 aprile 2015