Il contratto di project financing con cui è stato costruito in soli 4 anni l’ospedale di Schiavonia (entrato in funzione nel novembre 2014 e costato 165 milioni di euro), è oggi all’esame di un pool di esperti in materia contabile e legale per un’eventuale rinegoziazione delle clausole, al fine di ottenere un risparmio di spesa. La decisione dell’Azienda sanitaria 6 Euganea di riprendere in mano l’accordo stretto con i privati, è scattata a seguito di un importante passivo di bilancio per l’exUsl – 17-24 milioni nel 2015 -mentre solo l’anno prima aveva chiuso con un attivo di 141 mila euro; c’è stata inoltre una precisa raccomandazione del collegio sindacale sulla revisione periodica dei canoni al concessionario.
Quanto sta succedendo al “Madre Teresa di Calcutta” riaccende i riflettori sui project della sanità regionale decisi nell’epoca di Giancarlo Galan e che hanno portato i veneti a indebitarsi per oltre 1 miliardo di euro. La revisione del project di Schiavonia, che segue quella avviata a Mestre per l’ospedale all’Angelo, potrebbe dunque fare da apripista per altre realtà. «Stiamo aspettando la relazione conclusiva sull’analisi di costo e in base a tale valutazione prenderemo una decisione sull’eventuale revisione», spiega il direttore generale dell’Usl 6 Euganea Domenico Scibetta facendo riferimento all’incarico affidato a una professoressa della Bocconi, Veronica Vecchi, esperia in materia di project. Ma il project è già stato trasmesso anche a uno studio legale per valutare quanto e come sono modificabili le clausole.
«È stato affidato un servizio legale a un professionista di comprovata esperienza in materia di diritto amministrativo, al fine di individuare il procedimento amministrativo da sviluppare e gli atti da porre in essere per una eventuale complessiva rinegoziazione delle condizioni contenute nel contratto relative ai canoni da corrispondere», scrive il dg nella relazione dei giorni scorsi che accompagna il bilancio preventivo 2017.
L’aumento di costi annuo. La rinegoziazione del project scaturisce dal problema dei costi crescenti che esso comporta: 18 milioni l’incidenza nel bilancio del 2015 e 28 milioni la somma messa a preventivo nel 2017. A pesare – spiegano al collegio sindacale – è il 3% di rivalutazione dei costi, revisione che scatta con l’anno solare. E che, sostengono gli esperti contabili, aveva un senso nel 2008 quando nacque l’idea del project: molto meno dieci anni dopo, in un periodo di deflazione. Tradotto: quella variazione dei compensi oggi va rivista al ribasso.
La raccomandazione del collegio sindacale. In più occasioni il collegio sindacale ha rilevato «potenziali problematiche attinenti alla modalità periodica di rivalutazione dei canoni afferenti al contratto di concessione», come si legge nella delibera con cui nel giugno dell’anno scorso l’azienda sanitaria Usl 17 decideva di rivolgersi all’economista esperta di project «al fine di verificare se le modalità di rivalutazione dei canoni adottate, siano da ritenersi effettivamente congrue rispetto alla normativa vigente in materia di concessioni e al contesto economico attuale». Il contesto mutato e la spending review impongono alla Pubblica Amministrazione la necessità di tentare risparmi sul canone. Anche perché, diversamente, potrebbe intervenire la Corte dei Conti per valutare eventuali sprechi e danni all’erario. Ma il contratto di project è modificabile? I margini, secondo il collegio sindacale che tratterà la questione anche in una relazione a fine mese, ci sono: basterebbe puntare sul contenimento di alcune voci.
Le voci di spesa. Il contratto di concessione prevede non solo il cosiddetto canone di disponibilità (3,2 milioni secondo l’offerta aggiudicataria), ma anche quello per i servizi (pulizie, ristorazione, lavanderia, telefonia, trasporti interni, portineria e vigilanza, smaltimento rifiuti, manutenzione fabbricati, impianti e arredi per 14,3 milioni) e quello per la gestione delle apparecchiature elettromedicali (3 milioni); vanno inoltre aggiunti i ricavi di servizi commerciali (bar, edicola, fioreria). La gestione, fino al 2039, spetta all’Euganea spa, il raggruppamento di imprese che nel 2009 si è aggiudicato la gara e che era guidato dalla Sacaim spa.
Il Mattino di Padova – 18 aprile 2017