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Usl Frosinone, dieci milioni a 150 medici per false prestazioni

Alti stipendi per attività che sarebbero dovute essere ordinarie. I Nas di Latina hanno concluso le indagini. Dirigenti e funzionari dell’azienda sanitaria sono ora chiamati a rispondere dei controlli non effettuati. Ai camici bianchi buste paga anche di 15-18.000 euro mensili contro i circa 3-3.500 del solo stipendio

Sono stati circa 150 i medici che hanno beneficiato in busta paga anche di 15-18.000 euro mensili contro i circa 3-3.500 del solo stipendio. Altissimi compensi per prestazioni “eccezionali e temporanee” che in realtà sarebbero dovute essere ordinarie. È quanto emerso dall’indagine del Nas Carabinieri di Latina per un presunto danno erariale a carico dell’Azienda Usl di Frosinone, derivante da illeciti stipendi verso alcuni medici dell’azienda sanitaria.

Dagli accertamenti è emerso che, per queste prestazioni eccezionali, la spesa dell’azienda ciociara è passata da circa 1 milione di euro del 2001 ad oltre 10 milioni di euro del 2010, per un danno erariale di circa 10 milioni di euro nell’ultimo quindicennio. Venti tra dirigenti, componenti del collegio sindacale e funzionari della Usl di Frosinone e della Regione Lazio sono ora chiamati dalla procura regionale per rispondere sull’autorizzazione dei fondi del servizio sanitario regionale e per non aver correttamente esercitato i controlli di competenza sulle operazioni dell’azienda sanitaria.

Le prestazioni, i cui compensi andavano a sommarsi al cosiddetto “straordinario” e all’attività libero-professionale, sono infatti regolamentate dal CCNL, che le prevede nei casi in cui, è necessaria un’integrazione dell’attività istituzionale, finalizzata principalmente alla riduzione delle liste di attesa. Al contrario, gli accertamenti hanno evidenziato che tali fondi sarebbero stati impiegati nel tempo, circa 11 anni, per pagare i normali turni

di guardia, soprattutto notturni e presso ospedali di piccole dimensioni e a bassa operatività, nonché per altre attività programmate, rientranti a pieno titolo nella cosiddetta “attività istituzionale” e non causalmente connesse con la riduzione delle liste d’attesa.

Repubblica.it – 8 settembre 2011

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