C’è il salutista. C’è l’ambientalista convinto. C’è l’antispecista, ovvero quello che dice «no» alle discriminazioni uomo-uomo ma anche uomo-animale. C’è quello che si è «convertito» l’altro giorno e quello che lo ha fatto trent’anni fa. Vegani. Quelli che non solo non mangiano carne, ma neppure i loro derivati, ovvero uova e latticini.
Che sono simili ai vegetariani, ma, in più, sono convinti che se mangiare carne è una crudeltà dannosa per la salute, sfruttare animali per poter mangiare un uovo e bere il loro latte tolto è altrettanto ingiusto. Un piccolo popolo, in Italia. Secondo l’ultimo rapporto Eurispes 2014 vegani e vegetariani sono il 7,1% della popolazione italiana, almeno 4,2 milioni di persone, di cui il 6,5% vegetariano e lo 0,6% vegano: quasi 400 mila persone, che secondo le stime di quest’anno salgono a un milione. Organizzano eventi, si ritrovano, molti si incontrano anche sui social. I gruppi Facebook, chiusi e attivissimi, contano decine di migliaia di membri.
E poi ci sono le feste veg, come quella di questo fine settimana in Brianza, a Vimercate. Lì, a «Veganch’io », il più grande raduno vegano di fine estate in Lombardia, si danno appuntamento da dieci anni e arrivano da molto lontano. Le voci, gli accenti lo raccontano. «E magari poi scopri che i vegani che trovi qui in questi raduni non sono quelli che ti aspetti. Non sono quelli degli stereotipi», racconta Matteo Reggio dell’associazione «oltre la specie», uno degli organizzatori.
Sì, perché gli stereotipi ci sono. Eccome. «Direi che per gli onnivori — continua Reggio — il vegano è un tipo che mangia solo insalata, che vuol vivere in campagna, che magari attenta alla salute dei bambini. Storie. In realtà ogni vegano è a sé e spesso ha dentro tante motivazioni diverse. E ci dispiace esser guardati come esseri strani, oppure come gente che sta in un mondo di cui è difficile superare la soglia o che rovina la sua salute e quella dei figli con scelte estreme. Perché non è così».
Lo conferma Leonardo Pinelli, uno dei pochissimi pediatri vegani in Italia che sgombra subito il campo da equivoci: «L’alimentazione vegana è la migliore in qualunque fase della vita. Basta seguirla in modo equilibrato. Ma il livello socio-culturale di chi fa questa scelta è alto: gente che si informa, che fa scelte forti e la rete aiuta. Ora le informazioni viaggiano a velocità impressionanti, anche su scala mondiale e questo aiuta anche a fare passi decisivi, forti».
Ed anche i vip fanno outing, tra loro Leonardo Di Caprio, Mike Tyson, Gwyneth Paltrow, Carl Lewis, insieme con almeno un miliardo di persone nel mondo, tra personaggi famosi e gente qualunque, che cambia completamente stile di vita. Come ha fatto nel suo piccolo Giuseppe Scarabelli, 63 anni, brianzolo: «Sposato, con tre figli, lavoravo in Ibm, ho mollato tutto per diventare agricoltore biologico. Vegetariano tendenzialmente vegano, ovviamente. Non mi sono mai pentito e mi sento meglio in salute». Dei motivi salutistici invece importa meno ad Alessandra Galbiati, 52 anni scultrice che vive alle porte di Milano, quella che ha inventato «Veganch’io»: «Sono vegana per fermare lo sfruttamento animale. Non per moda, come vedo fare a volte. E se la moda passa?».
Leila Codecasa – Il Corriere della Sera – 30 agosto 2015