Veneto. Apicoltura in ginocchio. «Colpa degli insetticidi»
Bilancio negativo dell’associazione veneta e scaligera: raccolta molto scarsa. Anche la siccità ha colpito le api. Doardo: «Di dieci vasetti di miele in bottega, sei non sono italiani Conto sui giovani apicoltori»
Per gli apicoltori veronesi è stato un anno tragico: dopo un bel marzo ha piovuto per due mesi, c´è stata siccità per quasi tre e, solo adesso, c´è ripresa vegetativa, ma fuori tempo massimo. Tranne per le semine primaverili del mais, dove per decreto la Regione ha proibito l´uso delle conce, nell´agricoltura intensiva gli insetticidi hanno conservato il posto degli «esteri fosforici» per ortaggi, frutta, olivi, castagni, soia, cereali, fiori, mais adulto, uva.
Insetticidi sistemici con principi attivi che restano sulle piante, nei fiori, nell´acqua e nel suolo, provocando uno sterminio di api. Solo la flora spontanea resiste. Per produrre un chilo di miele un´ape deve percorrere, nella sua breve vita di 45 giorni (sei mesi d´inverno) di media, circa 150 mila chilometri e visitare nell´area di tre km mille fiori al giorno). L´apporto economico di sorella ape al comparto agricolo è di 1600 milioni di euro l´anno ma importiamo il 60% di miele e quello asiatico non è poi tale: si fa col riso. In Italia abbiamo 72 mila apicoltori con 1.157mila arnie (58 miliardi di insetti) da ciascuna, di 50mila api , 30-60 chili di miele. Danno 860mila quintali l´anno del «cibo degli dei» per un giro d´affari di 60 milioni. Sono 40 i tipi di miele, alcuni (timo e tarassaco, sono batterici riconosciuti dalla scienza medica). Per gli 850 apicoltori veronesi occorrerebbero sul territorio 40mila alveari, invece degli 8500 presenti, ed una campagna a sostegno dei prodotti apistici. E´ quanto propongono l´ Associazione Provinciale Apicoltori Veronesi (presidente Graziano Corbellari, apicoltori veronesi@libero.it) e l´Associazione Regionale Apicoltori (2000 soci veneti, 500 nostrani, con contributi regionali) della quale è vice presidente Angelo Doardo.
«Il raccolto estivo», spiega Doardo, «è andato perduto. Di dieci vasetti in bottega, sei sono di miele non italiano. L´agricoltura intensiva non usa l´acqua santa ma veleni e le api, primarie test ambientali, ne sono le prime vittime. Spero nei giovani appassionati che, con tanto lavoro e tanto coraggio, scelgano l´apicoltura per il loro futuro, diventando artefici della creazione e della civiltà». È sempre stato così, un giovane impara da un esperto, Doardo ha un «delfino» a Caprino, Matteo Villa che ha preso con impegno la sua strada. Ma – tra tanti rilievi sulle difficoltà del settore – esistono anche altre guide all´apicoltura corretta in progress a Verona. Li troviamo all´Enolapi di via Torricelli 69 in città, Giampaolo e Giovanni Ossi, 65 e 36 anni, punto di riferimento interregionale con contatti e commerci in tutto il mondo per un´effettiva tutela dell´apicoltura.
C´erano anni fa giovani entusiasti che si erano attivati sull´apicoltura. Ora c´è un calo generalizzato anche perché curare gli alveari è sempre più difficile. È anche importante la qualità dell´alimentazione delle api e l´effetto sinergico sulla comunità per la lotta alle malattie. La regione Emilia Romagna e l´Inghilterra vogliono proibire l´uso di molecole ad effetto sistemici neurotossico. La Bayer e la Syngenta sono state avvertite della conclusione delle indagini della Procura di Torino. Si aggiunga una mancata sensibilizzazione per la lotta alle malattie croniche degli alveari. È una situazione preoccupante, solo l´amore per il settore supplisce alle magre consolazioni dei risultati (e del reddito) e gli apicoltori insistono, si associano sperando in risultati almeno migliori».
L’Arena – 8 ottobre 2012