Di Barbara Ganz. «Ci sono molti medici attorno al malato, nella consapevolezza che il momento è difficile: molte sono le cure consigliate, alcune non prive di effetti collaterali, ma nella convinzione che occorre guardare avanti, e notare anche i segnali di cambiamento in positivo».
Angelo Gramegna, direttore della sede di Venezia della Banca d’Italia, inserisce in questo quadro i dati della relazione economica sull’economia del Veneto: un contributo di conoscenza – spiega – per progettare una svolta, partendo da numeri poco incoraggianti.
Nel 2012 la fase recessiva si è acuita: in particolare sono diminuiti consumi e investimenti interni, e la produzione industriale ha fatto segnare -4%, mentre la domanda di beni e servizi dall’estero ha sostanzialmente tenuto (+1,6%, ma era +10,3 nel 2011). Dal 2007, il Veneto ha perso 5,7 punti percentuali di Pil: più del Nord (-3,%) e anche della media italiana (-4,5%). Numeri che nascondono andamenti diversificati per settori. Per le costruzioni è crisi profonda ormai dal 2006/2007, con un lieve incremento solo dei lavori di recupero di abitazioni esistenti grazie anche a provvedimenti legislativi e incentivi.
La frenata
Alla debolezza contribuisce in modo rilevante l’edilizia residenziale nel campo delle nuove realizzazioni, con un numero di permessi di costruire che nel 2010 era inferiore di circa il 70% al picco registrato nel 2004: un calo superiore alla media nazionale. In netta controtendenza, invece, l’agroalimentare, con una domanda estera che si dimostra formidabile chiave di sviluppo: fra il 2007 e il 2011 le esportazioni del comparto sono aumentate del 36,2% (la crescita Italia è stata del 25,1), merito soprattutto delle bevande e in particolare del vino.
Battute d’arresto anche per la capacità di innovazione delle imprese venete: la domanda di registrazione di marchi e brevetti appare inferiore a quella delle regioni europee economicamente simili, anche se nella media nazionale la regione si dimostra abbastanza dinamica. Altra nota dolente, il credito: «Le sofferenze bancarie sono aumentate del 20% in Veneto rispetto al 2012: in valori assoluti, una stretta di 5 miliardi di finanziamenti, 41 per l’Italia, con segnali di aggravamento nel primo trimestre 2013», ha spiegato Monica Billio, docente di Econometrica a Ca’ Foscari. Ma il calo dei finanziamenti, secondo Bankitalia, ha interessato soprattutto le aziende di piccole dimensioni, e questo nonostante il loro grado di rischiosità sia ormai assimilabile a quello delle grandi. Allo stesso tempo, cambiano le quote di mercato: calano quelle dei cinque principali gruppi bancari, aumenta il portafoglio degli intermediari di dimensioni minori.
In questo quadro, il lavoro ha mostrato una sostanziale tenuta nel 2012, grazie al ricorso alle ore di cassa integrazione, ma anche alla scomparsa degli straordinari e al diffondersi dei contratti a orario ridotto. L’avvio del 2013 rivela invece un deterioramento anche su questo fronte: quasi inevitabile, dato l’aumento di procedure fallimentari (1.070 nel 2012) praticamente raddoppiate rispetto all’anno precedente.
«Andamenti ciclici – sottolinea Andrea Brandolini, del Servizio studi e ricerca territoriale – si sono sovrapposti a gravi carenze strutturali. La politica monetaria ha fatto quello che poteva e doveva per attenuare gli effetti negativi, e l’uscita dalla procedura di infrazione del deficit è un frutto da non sprecare, un investimento. Ora è il momento di riforme condivise da tutti: imprese, lavoratori, banche e istituzioni».
Il Sole 24 Ore – 19 giugno 2013