Il governo verso l’impugnazione alla Consulta. Accuse tra Lega e alleati. Bond (Pdl). rapporti macerati dal conflitto Tosi-Zaia. La difesa affidata al Consiglio
VENEZIA – Il verdetto definitivo è atteso per venerdì, quando il consiglio dei ministri esaminerà le contro deduzioni presentate dalla Regione, ma le speranze che il Piano socio sanitario non venga impugnato dal governo sembrano a questo punto davvero ridotte al lumicino. I massimi vertici della sanità veneta, dal presidente Luca Zaia all’assessore Luca Coletto, passando per il segretario generale Domenico Mantoan ed il presidente della commissione Leonardo Padrin, giovedì hanno preferito non commentare le indiscrezioni (confermate) sull’imminente, ennesimo, duello tra Venezia eRoma di fronte alla Corte costituzionale.
Sembra che Coletto abbia tagliato corto con i suoi collaboratori: «Dovrei ripetere quel che ho già detto in consiglio», perché in effetti i punti di criticità evidenziati dai tecnici del ministero della Sanità al dipartimento per gli Affari regionali ricalcano esattamente quelli già evidenziati nel parere inviato in laguna a giugno, su cui Coletto provò a mettere una pezza con un emendamento poi votato soltanto dalla Lega e quindi bocciato. Zaia, dal canto suo, si è limitato a fare il notaio: dopo aver ricevuto la lettera di Palazzo Chigi ha atteso le contro deduzioni messe a punto dal segretario generale del consiglio, Roberto Zanon, e le ha girate al dipartimento per gli Affari regionali per il tramite dell’Avvocatura di Palazzo Balbi. Della vicenda non si è invece interessata la direttrice degli Affari legislativi della giunta, Maria Patrizia Petralia, come invece accade normalmente, anche perché per perorare la causa del Piano avrebbe finito per sconfessare il parere reso solo due mesi fa a Coletto a sostegno del suo emendamento.
Una situazione piuttosto caotica, come si vede, che rende però bene l’immagine della spaccatura che ancora divide giunta e consiglio sul Piano. Palazzo Ferro Fini, in testa Padrin, sembrava aver vinto per kappao tecnico ma l’intervento del governo induce ora a pensare che si sia trattato solo del primo round e che, al di là dei doveri imposti dai ruoli istituzionali, difficilmente Palazzo Balbi si batterà fino alla morte contro un ricorso che, a ben vedere, va in suo favore, riportando in capo alla giunta poteri importanti nelle nomine e nei futuri assetti degli ospedali del Veneto. La difesa messa a punto da Zanon si articola essenzialmente attorno alla convinzione che tanto la nomina del direttore generale (l’attuale segretario), quanto il parere vincolante sulle schede ospedaliere, siano due atti «tipicamente programmatori» e come tali riconducibili ai poteri del consiglio e non a quelli, «tipicamente esecutivi», della giunta.
Quanto alla durata del piano, 5 anni contro i 3 stabiliti dal piano nazionale, vengono opposte le esperienza della Lombardia, 5 anni, e del Piemonte, 4 anni, mentre per gli incarichi extra dei direttori generali, pure contestati, sembra sufficiente che questi siano sottoposti a preventiva autorizzazione del governatore e comunque non rivestano una particolare rilevanza economica (si pensi ai convegni o ai seminari di studio). Nell’attesa di sapere il giudizio del governo, e magari di vedere il celeberrimo parere fornito alla commissione Sanità che a suo tempo rassicurò il Pdl e l’opposizione sulla bontà costituzionale del Piano (e che però non è mai stato reso noto), infuria lo scontro tra i partiti. La Lega, con il capogruppo Federico Caner, va all’attacco: «La minoranza ha fatto il suo gioco, e ci può anche stare. Ma il Pdl, loro hanno commesso un errore madornale. Hanno seguito Padrin, spaccato la maggioranza, sfiduciato un assessore e tutto questo per cosa? Per costringerci adesso ad andare in Corte costituzionale, col rischio che il lavoro fatto per il Piano venga vanificato».
Replica il capogruppo azzurro Dario Bond: «Il Piano è vittima dell’eterna guerra tra Tosi e Zaia: da un lato si vuole affossare il Piano, dall’altro mandarlo avanti. E intanto i rapporti, non solo politici ma anche personali, stanno andando al macero. Non so la giunta, di certo il consiglio difenderà fino all’ultimo il Veneto ed il suo Piano». Con Bond si schiera anche la capogruppo del Pd Laura Puppato, secondo la quale «è lo stesso statuto a riconoscere il primato del consiglio, primato che non viene meno nella nomina del direttore generale e nella decisione sulle schede» mentre «i rilievi mossi alla trasparenza dei bilanci sono la prova della forza delle lobby». L’Idv, con Antonino Pipitone, invita la maggioranza a «smetterla con i giochi di potere » ed a preoccuparsi semmai «del rispetto delle leggi e di dare al Veneto una sanità all’altezza dei bisogni della gente» mentre Diego Bottacin di Verso Nord denuncia «il rischio caos e paralisi dopo che il governo ha sollevato dei prevedibilissimi dubbi di costituzionalità »
Marco Bonet – Corriere del Veneto – 10 agosto 2012