Durante le messe ha recitato più volte un´orazione particolare che è prevista per le situazioni di caldo prolungato e di siccità. Don Benedetto Mareghello, su richiesta dei coltivatori, legge i passi del messale contro il secco
Se la speranza non basta, si prega. Così succede nella Bassa, la cui agricoltura è messa in ginocchio da caldo e assenza di piogge: nelle chiese si rispolverano preghiere ed invocazioni anche antiche, pensate proprio per chiedere a Dio il dono della pioggia «sugli uomini e sulla terra».
È quanto accaduto in questi giorni e nelle scorse settimane a Villa Bartolomea, dove, don Benedetto Mareghello, parroco di San Bartolomeo, ha recitato più volte nel corso di diverse messe una particolare preghiera «contemplata dal Messale Romano tra le messe ed orazioni denominate “ad diversa”, vale a dire», spiega il sacerdote, «quelle destinate alle diverse circostanze della vita. Ne esistono per benedire l´inizio dell´anno civile, per il momento del raccolto, per la salute, per le persone provate da malattie e, appunto, anche per la siccità ed il caldo prolungati che provocano stati di particolare sofferenza alla terra e agli uomini».
Quando i suoi fedeli, soprattutto gli agricoltori del paese, lo hanno interpellato in merito, don Benedetto non ha esitato. «Il Messale Romano, nella sezione “Oremus”», prosegue il parroco, «contiene una bellissima preghiera per chiedere a Dio il dono della pioggia. In questo modo si vive e si condivide con fede un momento molto particolare, quale appunto può essere quello della siccità, con la consapevolezza che il Signore ci è vicino e che ci può venire in aiuto».
Nell´orazione, che può essere inserita in qualsiasi messa o momento di preghiera, si invoca Dio «dal quale tutte le creature ricevono energie, esistenza e vita», chiedendo in dono «alla terra assetata il refrigerio delle piogge perché l´umanità, sicura del suo pane, possa ricercare con fiducia i beni dello Spirito».
Pregare per invocare la pioggia e fare ricorso a Dio, alla Madonna e ai santi in situazioni di emergenza, non solo con semplici orazioni come quella recitata da don Mareghello, ma addirittura con novene, tridui, suppliche e processioni, rientra tra le prassi religiose di antichissima tradizione. Anche a prova che periodi prolungati di siccità non erano infrequenti anche in passato.
«Anzi», spiega lo storico locale Francesco Occhi, «negli archivi ci sono parecchie attestazioni in questo senso. Tra il 1870 e il 1887, una delle cause della forte emigrazione dal Veronese verso l´America fu proprio la siccità che ridusse la produzione di vino, fece morire moltissimi bovini e portò i raccolti ai minimi storici. Non solo. Nel 1917, a Pressana, venne rilevata un´eccezionale siccità tanto che il granoturco fu acquistato a prezzo di calmiere per la popolazione che si cibava solo di polenta, mentre a Minerbe nel 1921 e 1922 il parroco di Minerbe annotava una siccità mai ricordata da nessun vecchio. Morirono “pomari e peschi”».
Altre terribili siccità nella Bassa sono attestate nel 1904 e nel 1930 (vedi a fianco), ma anche nel 1928 «in particolare a Pressana», conclude Occhi, «e nel 1962 a Minerbe quando, da maggio a ottobre si dovettero fare i conti con tanti pozzi che non davano acqua e con un fieno scarsissimo».
ADIGE-GUÀ. I contadini con i campi riarsi si affidano ai riti propiziatori
Nel Colognese sono pronti ad andare in processione
Mentre anche a Cologna, come in tutta Italia, si guarda demoralizzati la colonnina di mercurio salire sempre di più e si cerca di attenuare la sensazione di calore e spossatezza con docce e condizionatori a manetta, qualche contadino con più di 65 anni sulle spalle ricorda bene i riti e le usanze che venivano adottati un tempo per propiziare una stagione agricola feconda e l´arrivo della pioggia benefica e propone di ripeterli.
«Ci affidavamo alle rogazioni», dice Luciano Boscaro, agricoltore di Sant´Andrea. «Per tre giorni di seguito ci alzavamo all´alba, assistevamo alla prima messa e poi si andava il processione lungo le contrade, fermandoci a pregare ad ogni crocevia». Il sacerdote, alla testa del corteo, benediva i campi, implorava la Madonna e i Santi affinchè proteggessero la comunità da carestie, peste e guerra. I fedeli rispondevano con l´«ora pro nobis». Alla fine il corteo tornava in chiesa.
Il Concilio Vaticano II ha in parte abolito queste processioni, ma a Cologna il mondo contadino ha continuato ad affidarsi alla Madonna nei momenti difficili. C´è un giorno, nell´anno liturgico, in cui i colognesi sentono più forte questo legame con la Vergine: è il 15 agosto, festa dell´Assunta. A San Felice, poco fuori Cologna, a Ferragosto, viene celebrata una messa solenne a cui partecipa tutto il Vicariato. Al termine, inizia una processione con l´immagine della Madonna alla quale vengono rivolte preghiere e richieste. Quest´anno la processione dell´Assunta è stata particolarmente sentita: è stata celebrata del vescovo di Vicenza, monsignor Beniamino Pizziol e vi hanno preso parte quasi un migliaio di persone. Al termine della processione lungo via San Felice, il parroco di Cologna, monsignor Antonio Corrà, ha solennemente invocato la Madre di Gesù affinché mandi «il dono della pioggia sulla terra assetata».
Sono in molti a pensare che le preghiere rivolte alla Madonna di San Felice possano aiutare a combattere la terribile siccità di questa estate. «La Madonna ci ha sempre aiutati», sostengono gli agricoltori colognesi. «In passato, il quadro della Vergine veniva portato in processione anche fuori dalla solennità del 15 agosto», ricorda ancora Boscaro. «Se permane questo clima, forse sarebbe il caso di far uscire di nuovo la Madonna dalla chiesa».
L’Arena – 24 agosto 2012