“Stamattina vorrei parlarvi di una categoria professionale che crediamo di conoscere, ma di cui sappiamo davvero poco”. Inizia così l’editoriale di Franco Di Mare “Veterinaria, questa sconosciuta” andato in onda durante la trasmissione Uno mattina dell’8 marzo, dedicato alla professione dei veterinari di sanità pubblica e alla loro funzione sociale. Il video dell’editoriale di Franco Di Mare
Il giornalista ha esordito dichiarando di voler parlare di una categoria professionale che “crediamo di conoscere ma di cui sappiamo davvero poco e peraltro, quel poco che conosciamo, è frutto di stereotipi e luoghi comuni che ingabbiano i nostri giudizi e non ci permettono di apprezzare al meglio il suo lavoro e la sua funzione sociale”.
Franco di Mare oggi ha voluto parlare dei medici veterinari, confessando di avere in prima persona dovuto fare i conti con un eccesso di generalizzazione che lo induceva a distinguere i professionisti in due categorie: da una parte quelli a cui affidiamo gli animali d’affezione e, dall’altra, “quelli con la camicia a quadretti che vanno in giro in sidecar a salvare caprioli con le zampe impigliate in una staccionata …. che poi, per festeggiare, si fanno in paio di amari”.
L’intervento si è quindi sviluppato ad illustrare l’impegno che ogni giorno i medici veterinari esprimono nelle azioni di profilassi, di tutela, di controllo e di verifica della salute complessiva di animali ed uomini nel nostro paese. Ha quindi descritto la “relazione inconsapevole” che tutti abbiamo con i medici veterinari, a partire dall’operazione semplice del primo mattino che ci vede consumare il nostro cappuccino: dietro questa semplice operazione vi è un medico veterinario che ha eseguito test ed esami per garantire la sicurezza e salubrità del latte che stiamo consumando.
Ha commentato che la società li conosce poco i medici veterinari e poco sa del loro lavoro, e che questo contribuisce ad alimentare false credenze scientifiche (a proposito ad esempio del fenomeno della antibiotico-resistenza correlato all’indebito uso degli antibiotici in zootecnia). E a proposito dell’antibiotico resistenza e fake news, ha citato anche quanto recentemente affermato dalla SIMeVeP al festival del giornalismo alimentare a cui a partecipato il presidente, Antonio Sorice.
“La zootecnia, il comparto alimentare, la conservazione, la catena del freddo, la salute degli animali e, in definita, la nostra salute sono nelle mani di queste persone che noi fatichiamo persino a chiamare dottori, anche se lo sono a tutti gli effetti”. La sua analisi è quindi proseguita dichiarando che le responsabilità affidate al comparto della veterinaria sono così ampie da meritare una attenzione maggiore. “Ci si accorge del lavoro del veterinario solo quando ci sono emergenze come la mucca pazza, l’aviaria … due terribili malattie che potevano migrare dagli animali all’uomo con esiti mortali. Se nel nostro paese i casi sono stati estremamente contenuti rispetto al resto del mondo, ciò è stato dovuto certamente al lavoro invisibile di questi medici, i cui controlli hanno costituito una barriera, una diga sanitaria, che ha impedito che quelle malattie mortali causassero gli stessi danni prodotti in altri paesi”.
L’organizzazione mondiale della sanità parla non a caso di “salute globale”: specie umana e specie animale come un unicum. Alla ricerca di una convivenza armoniosa dove ogni elemento, uomini, piante, animali ed ambiente vengono visti nella loro stretta correlazione.
“Forse dovremmo pensarci la prossima volta che mangiamo un uovo o portiamo ‘Fido’ in ambulatorio. La nostra salute la dobbiamo anche a loro …. altro che amaro e sidecar!”
A Di Mare i ringraziamenti della Simevep, per la considerazione, l’attenzione e l’accuratezza con cui ha saputo raccontare una professione tanto sconosciuta, quanto spesso bistrattata.