Vince l’idea di Tosi: Padania cancellata Maroni nel simbolo
La denominazione Lega Nord per l’Indipendenza della Padania fu adottata nel 1997 per volontà di Umberto Bossi, deciso a cavalcare la linea della secessione delle regioni settentrionali dall’Italia: in precedenza, dal 1995 al 1997, il partito si era definito invece Lega Nord Italia Federale.
Un primo cambiamento è arrivato l’estate scorsa, dopo il congresso che ha sancito l’elezione di Roberto Maroni alla segreteria: dal “marchio” dei padani è stato cancellato il nome di Bossi, sostituito dalla parola Padania. Ieri, l’ulteriore strappo: via ogni accenno all’indipendenza padana, il nome di Maroni come marchio e la dizione lega Nord uguale per tutti, Veneto “lighista” compreso. È l’effetto dell’abbandono definitivo della prospettiva indipendentista e separatista in nome di una macroregione settentrionale: Veneto-Lombardia (elezioni permettendo)-Piemonte. di Filippo Tosatto wVENEZIA A lungo vagheggiata come terra promessa e contrapposta alla “schiavitù romana”, la Padania scompare repentinamente dall’orizzonte leghista. Alle elezioni del 24 e 25 febbraio il simbolo del partito sarà accompagnato dalle scritte Lega Nord (identica ovunque, senza declinazioni regionali) e Maroni, con l’iconetta supplementare della Lista Lavoro e Libertà di Giulio Tremonti, candidato premier di bandiera. In mattinata, nel corso del consiglio federale riunito in via Bellerio, è stato Flavio Tosi a suggerire una modifica che va ben oltre la suggestione visiva: accanto al riconoscimento identitario del successore di Bossi, c’è la rinuncia a un miraggio – l’indipendenza padana, appunto – che segna l’epilogo, anche formale, della lunga stagione del Senatur. Né sembra casuale che a proporre la svolta, approvata all’unanimità, sia stato il sindaco di Verona e segretario lighista: sodale di lungo corso di Bobo Maroni, la sua freddezza verso il progetto separatista è divenuta nel tempo un’avversione dichiarata, al punto da attirargli l’accusa di “tradimento tricolore” dai falchi del Cerchio Magico. Altra questione in agenda, la ratifica – scontata – dell’alleanza elettorale con il Pdl. Nessuna obiezione alla linea annunciata dal segretario federale. I malumori della base e la protesta plateale dello sceriffo Gentilini (allergico al nuovo abbraccio con Silvio Berlusconi) hanno ceduto il passo alla realpolitk: sul piatto della bilancia, la conquista della presidenza lombarda e la garanzia di una rappresentanza parlamentare consistente; obiettivi ritenuti strategici, che una corsa solitaria – certo più gratificante – avrebbe escluso in partenza. «Nessuno di noi sprizza di gioia, ma ragioniamo in prospettiva», il commento del deputato padovano Massimo Bitonci «la chance di avere tre governatori della Lega in Veneto, Piemonte e Lombardia è troppo ghiotta. Quando mai nella nostra storia avremo un’altra occasione simile? È come una cometa che passa ogni mille anni… ». Conclusione? «Accantonata la prospettiva padana, potremo riscattarci dal centralismo di Roma solo costruendo un blocco forte, una vera macroregione lungo l’asse portante del Nord». E le candidature? Neanche una parola, assicurano i presenti. Il drappello veneto – Luca Zaia, Bitonci, Manuela Dal Lago, Daniele Stival, Marino Finozzi – è ripartito da Milano senza certezze in merito mentre Tosi si è limitato a ribadire le regole che ispireranno la selezione delle liste lighiste: limiti di età (65 anni) e di mandati (2), niente sindaci (salvo deroghe) né consiglieri regionali. Sarà lui, destinatario dei sette elenchi di “autocandidature” giunte dalle federazioni (quasi 500 gli aspiranti) a procedere a una sintesi d’intesa con Maroni. E fra tanti concorrenti a una poltrona in Parlamento non ci sarà Roberto Marcato, il segretario provinciale di Padova: «Una mia eventuale candidatura in posizione “rassicurante” avrebbe comportato il commissariamento del partito», fa sapere in una lettera aperta il “mitico bulldog” (così è soprannominato dagli amici) «ma io credo che il nostro movimento abbia la necessità e il diritto di avere al fianco il segretario impegnato con fermezza e dedizione sul territorio. E allora resto qui, al mio posto di combattimento a fianco dei militanti, evitando di fare cumulo di incarichi e di “careghe”, orgoglioso di essere leghista».
Il Mattino di Padova – 9 gennaio 2013