I vitalizi? Un privilegio da abolire per i parlamentari e i consiglieri regionali, ammettono i partiti in campagna elettorale. Ma appena occupano lo scranne istituzionale, tra gli eletti scatta la solidarietà di «casta» protetta da regolamenti ferrei, che rinvia sine-die ogni riforma. Nel 2016 la regione Veneto spenderà 13 milioni di euro in vitalizi e 9 milioni per le indennità dei 51 consiglieri e mentre in aula spesso infuria la battaglia del M5S che propone di fare tabula rasa degli assegni che 226 ex consiglieri (e 45 vedove) hanno accumulato dal 1970 ad oggi.
Graziano Azzalin, Bruno Pigozzo e Stefano Fracasso (tutti e tre eletti nel Pd) hanno deciso di passare dalle parole ai fatti concreti. A fine novembre hanno depositato l’atto di rinuncia al vitalizio maturato nella scorsa legislatura, mentre dal 2015 è entrata in vigore la «riforma-Ruffato» che ha introdotto il sistema contributivo per gli eletti di Palazzo Ferro Fini: a 65 anni incasseranno la pensione in base a quanto versato. Insomma, per i tre Dem si tratta di una rinuncia a 1.500 euro sicuri al mese, che diventano 18 mila l’anno, 180 in un decennio e 360 mila in vent’anni, se si considera che la vita si è notevolmente allungata e in ogni caso scatta la reversibilità.
«Non sono un eroe ma ho voluto dare un segnale concreto di coerenza e spero che molti altri colleghi seguano il nostro esempio», spiega Graziano Azzalin, vicepresidente della commissione Agricoltura, impegnato nella battaglia per la riconversione della centrale Enel di Porto Tolle e la difesa del prezzo del latte. E a chi gli chiede se sia ricco di famiglia per concedersi il lusso di rinunciare a 1500 euro al mese, risponde con serenità: «No, affatto. Sono un tecnico di laboratorio e mia moglie lavora nella sanità. Ne abbiamo discusso in famiglia e ho spiegato che la coerenza si costruisce con i fatti concreti. La politica è servizio e non accetto lezioni quando si parla di privilegi da cancellare: ogni mese noi consiglieri lasciamo un sostanzioso contributo al Pd e ci siamo pagati per intero le spese della campagna elettorale», conclude Azzalin.
Quanti seguiranno l’esempio di Fracasso, Pigozzo e Azzalin? «Radio Pd» sostiene che Piero Ruzzante stia valutando come procedere sulla stessa strada, ma sono almeno 15 i consiglieri con doppio e triplo mandato e il doppio regime: il bonus del vitalizio fino al 2015 e sistema contributo per la legislatura successiva. I casi più eclatanti riguardano i big del centrodestra: dal presidente dell’assemblea regionale Roberto Ciambetti, agli ex assessori Marino Finozzi e Maurizio Conte ora passato con la lista Tosi. Per concludere con Massimo Giorgetti, eletto ininterrottamente dal 1995 all’epoca del Doge Galan, e poi con Elena Donazzan, assessore al Lavoro: entrata a palazzo Ferro Fini nel 2000 si è subito guadagnata la poltrona al Balbi con una «missione lampo» alla Camera nel 2006 nella stagione d’oro del Pdl, ma rientrata a Venezia dopo un mese.
I vitalizi dei cinque big sono «argent de poche» in rapporto a quanto legittimamente maturato da Sergio Berlato, consigliere e assessore regionale dal 1990 al ’99, poi eurodeputato per tre legislature e tornato a palazzo Ferro Fini nel 2015. Dicono, gli amici, che sarebbe ingeneroso tirare per la giacca un politico che ha combattuto a suon di dossier la battaglia per l’inchiesta del Mose, che ha gettato nella polvere Galan, Chisso e Marchese: al momento giusto, Berlato saprà fare la gran rinuncia. Sarà così?
Albino Salmaso – Il Mattino di Padova – 10 gennaio 2015