Ondata Pd su Vicenza, Treviso e San Donà. La débacle dei candidati grillini e padani. A Treviso per la prima volta il candidato del Carroccio è costretto ad andare al ballottaggio partendo dalla retrovia. Ma è Variati l’uomo degli exploit rieletto direttamente al primo turno a Vicenza, doppiando la sua avversaria e azzerando il resto della compagnia.
Seggi vuoti, desertificati da un’astensione record per le elezioni comunali (63% nelle città), ma per chi ha vinto non è un problema. E chi ha vinto, in questo primo giro di giostra, ha inequivocabilmente un nome e un cognome: Achille Variati, 60 anni compiuti da poco, allevato politicamente (per chi se lo ricorda) alla scuola diccì di Mariano Rumor e approdato in epoca più recente al convinto sostegno per Matteo Renzi nella tormentata geografia interna del Partito Democratico.
Vincitori e sconfitti Variati è l’uomo degli exploit: nella Vicenza ultramoderata e tendenzialmente di centrodestra, cinque anni fa vinse con sorpresa di tutti spuntandola al ballottaggio; ieri, opposto a un’intramontabile della Lega Nord come Manuela Dal lago (già due volte presidente della Provincia e poi deputata), è stato rieletto direttamente al primo turno, doppiando la sua avversaria e azzerando il resto della compagnia. Se questo non bastasse, ha compiuto un altro, autentico miracolo: il Pd a Vicenza è al 30%, la Lega più o meno al 4,5 e il Pdl al 10. Cose mai viste a queste latitudini. Se la vittoria ha un nome sicuro, la sconfitta ha molti volti. A cominciare proprio dai candidati leghisti nelle due città principali, quella «vecchia guardia» – la già citata Dal Lago a Vicenza e l’ottuagenario Giancarlo Gentilini a Treviso – che è stata spianata nel confronto diretto con il centrosinistra. Ma sconfitta, e pesante per giunta, è stata anche per i candidati grillini: in appena tre mesi, il Movimento 5 Stelle ha dilapidato il trionfale risultato delle politiche, quando fu il partito più votato, retrocedendo a percentuali di sostanziale irrilevanza politica. L’unica eccezione è Martellago, popoloso comune dell’entroterra veneziano, dove il candidato a 5 Stelle andrà al ballottaggio come secondo contro il centrosinistra. Sembra passata un’era – e invece era soltanto l’anno scorso – da quando l’onda crescente del grillismo aveva portato con sè la clamorosa elezione dei sindaci di Mira (Venezia) e Sarego (Vicenza).
Il sorpasso di Treviso Mai dare lo Sceriffo per morto prima che l’ultimo duello sia stato consumato, però l’inversione di tendenza nella parabola di Giancarlo Gentilini, da vent’anni borgomastro (che fosse sindaco o vice poco importa) di Treviso, è sotto gli occhi di tutti. Per la prima volta, nel ventennio di governo leghista sulla città, il candidato del Carroccio è costretto ad andare al ballottaggio partendo dalla retrovia. Il sorpasso c’è stato, e che sorpasso: Giovanni Manildo, l’avvocato del Pd che ha la metà degli anni di Gentilini, ha inflitto all’avversario un distacco commisurabile in 7,5 punti percentuali: 42,5 a 35. La più longeva delle roccaforti leghiste vacilla sotto il martellante fuoco nemico. La domanda è: colpa di Gentilini, riproposto ancora e ancora alla soglia degli 84 anni, o al contrario, se il fortino non è ancora caduto nonostante l’arretramento generalizzato del consenso per i padani 2.0, è proprio perché il vecchio Sceriffo ha tenuto in piedi la baracca? Una buona risposta la avremo tra 15 giorni, quando Gentilini tenterà di ribaltare le proporzioni. In linea puramente teorica, il bacino di voti a cui attingere non gli manca. Il re del caffè (Segafredo) Massimo Zanetti, autore di un colpo di teatro da campagna elettorale d’altri tempi e d’altre latitudini – all’ultimo secondo utile ha annunciato di aver comprato il Treviso Calcio, salvandolo da una fine ingloriosa -, ha raccolto un 10% che ha già messo a disposizione di Gentilini: «Mi auguro che la città rimanga al centrodestra – ha detto a caldo -, penso che l’elettore moderato che ha votato per noi non possa dare il voto a sinistra, e il mio invito è perciò quello di continuare a votare a centrodestra». Cioè per Gentilini. Il neofavorito Manildo lo sa e si attrezza di conseguenza: «Contiamo di portare alle urne anche chi non è andato a votare al primo turno, sperando che sia chiaro anche a loro che a Treviso un cambiamento è possibile». Le analogie con Vicenza lo aiutano a crederci: in fondo anche lui, come Variati, non è un uomo di sinistra ma affonda le radici (familiari) nel terreno della grande madre Dc.
Il contrappasso di Vicenza A Vicenza la sconfitta così netta di Manuela Dal Lago lascia pensare – anzi, fa proprio sospettare – che nell’urna si sia consumata una vendetta all’interno del centrodestra. Cinque anni fa proprio Dal Lago (che voleva correre da sindaco già allora) e la Lega furono apertamente accusate dal Pdl di avere abbandonato al suo destino Lia Sartori, sconfitta da Variati al ballottaggio. Stavolta i pidiellini hanno restituito il favore, come invitò a fare unmese fa anche l’ex governatore Giancarlo Galan? Sembra proprio di sì. Dice asciutta donna Manuela: «Qualcuno l’ha ascoltato (Galan, ndr). Sapevamo che il rischio nel correre con il Pdl c’era». C’è anche una prova: di versi casi di voto disgiunto, verificati nei seggi, a favore di Variati e di candidati consiglieri del Pdl. Magari il sindaco uscente avrebbe vinto lo stesso, ma così gli hanno proprio spianato la strada.
Ribaltone a San Donà Anche nella terza città al voto per numero di abitanti, San Donà di Piave, c’è aria di ribaltone. Il capoluogo del Veneto Orientale veniva da dieci anni a guida centrodestra con trazione leghista, impersonata dal sindaco uscente Francesca Zaccariotto. La voglia di cambiamento dei sandonatesi si è concretizzata in un voto massicciamente favorevole ad Andrea Cereser, l’alfiere del Pd, che ha rischiato seriamente di vincere al primo ingaggio. Invece andrà al ballottaggio, ma con un margine assai rassicurante – 48 a 30, un bel fossato profondo – nei confronti dell’avversario di centrodestra, Giansilvio Contarin. La lista della Lega, per la cronaca, ha faticato a superare il 5% e rischia di rimanere fuori dal municipio. Un segno, anzi un marchio dei tempi.
Alessandro Zuin – Il Corriere Veneto – 28 maggio 2013