«Qua sono tutti colombe», sbotta un consigliere regionale azzurro (si potrà ancora dire così?) diretto a palazzo Ferro Fini. Con significative eccezioni dichiarate – Remo Sernagiotto, Leonardo Padrin, Davide Bendinelli, Mauro Mainardi, forse anche Moreno Teso -, in effetti la pattuglia del Pdl nell’amministrazione regionale pende decisamente dalla parte del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano.
E se altrove – nella vicina Lombardia, per esempio – gli alfaniani hanno subito alzato la voce per chiedere un’adeguata rappresentanza nella giunta, invocando il più classico dei rimpasti, qui in Veneto la situazione di partenza si presenta esattamente opposta. Tranne il già citato Sernagiotto, infatti, tutti gli altri assessori in quota Pdl o stanno apertamente con Alfano (il vicegovernatore Zorzato, per esempio) oppure ci stanno riflettendo, ma sotto sotto simpatizzano per il vicepremier scissionista.
Quindi, potrebbe perfino accadere che la divisione venga assorbita senza trauma alcuno per la maggioranza Lega-Pdl che governa la Regione. Del resto, il capo Luca Zaia, osservatore esterno ma assai interessato dei guai nella casa degli alleati, ieri ha mandato un messaggio cristallino: nessun rimpasto, nessuna nuova maggioranza. La ri-nascita di Forza Italia (e quella del Nuovo Centrodestra) non causerà rivoluzioni a Palazzo Balbi. È netto il presidente della giunta: «Lo dico con chiarezza, siamo concentrati sul programma di governo, che è cosa seria, la più seria», ha detto parlando con i giornalisti a Paese, nel Trevigiano. «L’amministrazione viene prima di tutto, prima delle segreterie di partito e dei dibattiti. Se qualcuno pensa di mettere in discussione il programma e gli impegni che abbiamo preso coi veneti, o di cominciare a venire lì col bilancino per parlare di maggioranza alternativa e di rimpasti, sa benissimo che c’è solo una strada: si va a votare». Detto con altre parole: non azzardatevi a chiedere un cambio della squadra di governo o vi mando tutti a casa.
C’è da dire che nemmeno i diretti interessati si dichiarano belligeranti su questo fronte. Dice Leonardo Padrin, tra i più agguerriti nello schieramento pro Forza Italia a sostenere la necessità di una separazione tra i gruppi in consiglio: «Le preoccupazioni di Zaia mi sembrano fuori luogo, qui la situazione è molto diversa, direi opposta, rispetto ad altre regioni. Non vedo proprio problemi di tenuta o scossoni di assestamento per la maggioranza. Detto questo – aggiunge Padrin – resto dell’idea che sia indispensabile differenziare i gruppi di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra: il tentativo del capogruppo Dario Bond di tenerci tutti uniti è lodevole, ma dev’essere evidente che perseguiamo obiettivi politici diversi dentro la stessa maggioranza. Questo non significa conflitto, significa fare chiarezza. Entro la settimana, venerdì al massimo, va presa una decisione».
Ieri le telefonate e gli incontri a tu per tu fra i 17 consiglieri regionali del Pdl si sono susseguiti a getto continuo. E il capogruppo Bond, per l’appunto, non ha affatto rinunciato all’idea di tenere tutti insieme sotto lo stesso ombrello del Pdl: «L’ho detto e lo ripeto – ribadisce -, la mia idea è: due marchi (Forza Italia e Nuovo Centrodestra) sulla stessa maglia. Non vedo ragioni per dividersi, come non vedo problemi per l’assetto della giunta e della maggioranza».
Ci sono questioni anche più prosaiche da affrontare, prima di arrivare a una scissione formale. Per esempio: conviene veramente ai neo-forzisti, che sarebbero in numero inferiore, spezzare in due il pacchetto di voti ora in capo al Pdl, con il rischio che qualche provvedimento finisca affossato in commissione per mancanza di adeguato sostegno? E ancora, cosa succederà nei già precari equilibri interni dopo che Silvio Berlusconi sarà stato messo all’angolo con il voto di decadenza da senatore (confermato per la prossima settimana)? Tante variabili da verificare prima di giocare la carta più pesante.
Corriere del Veneto – 19 novembre 2013