Il baricentro del Veneto si sposta verso Ovest? E’ il tema della nostra inchiesta, basata soprattutto su alcuni dati concreti. Verona gode della leadership crescente di Flavio Tosi, sindaco di Verona e capo della Liga Veneta.
La rete ospedaliera scaligera è la più estesa e consistente del Veneto:20 nosocomi, di cui 12 pubblici. Giusto pochi giorni fa, la Regione ha dato il via libera alla realizzazione di un polo specialistico di formazione nell’ospedale di Valeggio sul Mincio, mai terminato. La Fiera di Verona, con i suoi 85 milioni di euro di ricavi, sta cercando di essere polo aggregante rispetto a Vicenza e Padova. L’aeroporto Catullo, invece, alle prese con una difficile crisi, è alleato con Brescia Montichiari e non vuole sapere di allearsi con il polo Save che unisce gli scali di Venezia e Treviso.
«Verona senza il Veneto non sarebbe Verona. E viceversa». Luca Zaia risponde pacatamente, ma accetta la provocazione. La resistibile ascesa di Verona – dagli ospedali alle fondazioni culturali, dalle fiere all’università – non lo preoccupa. Anzi, gli offre lo spunto per alzare l’asticella: «Oggi servono visione e prospettiva: alzare lo sguardo oltre la propria città». Il presidente della giunta regionale, trevigiano di Godega Sant’Urbano, non si sottrae nemmeno se sollecitato sull’astro emergente, quel Flavio Tosi sindaco della meno veneta tra le città del Veneto. «Flavio è bravo, è l’uomo giusto al momento giusto, sta amministrando bene la sua città ed ha da poco assunto un ruolo politico nella Liga veneta. Non c’è alcun dubbio che i veronesi abbiano saputo fare squadra per tempo: con la Fondazione bancaria, la Fiera, il Quadrante Europa. Tutte cose che partono da lontano, non sono di oggi».
Molti osservatori dicono che la vera capitale del Veneto, ora, è la città scaligera. «È fuor di dubbio che Verona è una grande realtà: sociale, economica, culturale. Ma da qui a dire che nei prossimi anni si rischia un appiattimento sulla singola città ne corre: sarebbe blasfemo».
I veronesi hanno saputo difendere una rete di 20 ospedali francamente sovradimensionata, non è così? «La situazione della sanità veronese l’ho ereditata, è figlia di politiche di lungo periodo. Ma c’è un nuovo piano sanitario, dopo 18 anni, che prevede il passaggio dalla spesa storica ai costi standard. La pianificazione sanitaria riguarderà tutto il Veneto, il bene di Verona passa anche attraverso l’efficientamento della propria macchina sanitaria».
Alcuni ospedali stanno giocando la partita della riconversione in centri specialistici. «Mi fa piacere. Osservo semplicemente che questa partita altri territori l’hanno giocata nella notte dei tempi. Motta di Livenza, ad esempio, ha sostituito il proprio ospedale con un centro specialistico all’avanguardia nei post-traumatizzati».
Treviso ha fatto la revisione di spesa sanitaria 30 anni fa. «Partecipai anch’io alla battaglia di molte comunità. Ma se la nostra sanità è tra le migliori d’Italia lo si deve anche ai sacrifici di quei territori».
Verona gioca la sua leadership anche su credito, fiere e università. «Su alcuni temi Verona è stata certamente più lungimirante, ha saputo fare squadra in maniera efficace. Penso agli investimenti di Fondazione Cariverona sul territorio. Poi ognuno pianga se stesso: se a Treviso, ad esempio, Fondazione Cassamarca fosse stata più avveduta avrebbe investito meglio. Invece, purtroppo, è stata protagonista di una cattiva gestione».
Non c’è dunque il rischio che l’asse centrale del Veneto si sposti su Verona? «Il Veneto ha 5 milioni di abitanti, 70 milioni di presenze turistiche e 600 mila posti letto:il turismo è la prima impresa, vale 15 miliardi di euro. Un centralismo attorno a qualche città non giova a nessuno: né a Venezia, né a Verona».
A cosa deve guardare, allora, questa regione? «Il Veneto è un insieme reticolare di città, un modello policentrico, dall’aereo sembra Los Angeles. Il futuro del Veneto passa attraverso uno sviluppo armonico delle sue città, ognuna con le sue vocazioni».
E quali sono? «Venezia è la città più bella del mondo, capitale turistica, porta logistica del Veneto. Padova è la città del sapere, con una delle università più antiche al mondo, un’eccellenza scientifica senza eguali. Verona è la capitale dell’agroalimentare, uno snodo intermodale di livello europeo. Rovigo è crocevia dell’industria di lavorazione del pesce ed ha delle potenzialità turistiche molto grandi. Vicenza è la storia dell’industria tessile italiana e dell’architettura. Belluno ha l’80% delle Dolomiti, capitale mondiale dell’occhialeria e culla dei gelatieri».
E la sua Treviso? «Con le sue capacità imprenditoriali e coi suoi prodotti, dal prosecco al radicchio, la trovo sempre molto innovativa e anticipatrice dei cambiamenti»
Il Mattino di Padova – 15 luglio 2012