Finora il virus Zika era stato trovato solo dentro urine, latte o liquido seminale. E dunque, nelle ipotesi di trasmissione gli scienziati si erano concentrati sui rapporti sessuali o sull’allattamento. Ma adesso arriva da Padova una notizia che rivoluziona l’approccio: c’è stato il primo isolamento del virus nella saliva. La scoperta, peraltro, era nell’aria: alcuni scienziati brasiliani avevano annunciato tale ipotesi già alcuni giorni fa.
Ma è la prima volta che viene pubblicata – e dunque resa «ufficiale» – su una rivista di settore, la «Eurosurveillance». «È presto per trarre conclusioni», dichiara il professor Giorgio Palù, presidente di Esv, la Società europea di virologia. «Ma a questo punto si può valutare il contagio interumano via saliva o dispersione salivare per aerosol». In altre parole: prima di capire se il virus si trasmette con un bacio o con uno starnuto serviranno ancora verifiche, ma ciò che si profila è questo.
Uno scenario che fa preoccupare e che viene portato all’attenzione della comunità scientifica dopo il ritorno di una ventenne, ricoverata in un ospedale del Veneziano dopo esser stata in vacanza in Repubblica Domenicana nel gennaio di quest’anno. Peraltro, contestualmente alla scoperta dell’Università di Padova, viene reso noto anche un nuovo dato: sono già saliti a dieci i casi di infezione di veneti in vacanza tra paesi sudamericani e caraibici. I casi noti, prima di ieri, erano «solo» cinque. Pochi, forse, ma sufficienti a far decidere alla Regione Veneto uno speciale piano di disinfestazioni non solo a Rovigo e Adria, ma a tutte le zone umide del Veneto.
Nell’attesa di capire le conseguenze delle scoperte padovane, non resta che porre l’accento sull’ennesimo successo dell’Università veneta. Il gruppo di virologi dell’unità operativa di microbiologia e virologia diretto dal professor Palù stava monitorando l’andamento epidemico del virus sin da quando l’infezione si è propagata in Polinesia Francese (nel 2013) e in Brasile (due anni dopo). La paziente è stata controllata con tecniche di diagnostica molecolare per oltre un mese per la presenza del genoma virale nei fluidi organici. Spiegano gli scienziati in una nota: «Aveva concentrazioni di Rna di Zika virus molto più elevate nella saliva (tre milioni di copie/ml) che nelle urine (un milione) e nel sangue (30 copie/ml) ed una persistenza più lunga nel tempo del virus nella saliva di oltre 30 giorni». Un successo legato, probabilmente, anche alla velocità: l’isolamento in colture cellulari del virus è infatti avvenuta nei primi giorni successivi all’esordio dei sintomi, quando il paziente non aveva sviluppato ancora anticorpi contro il virus.
Nei fatti, la scoperta dei virologi padovani apre scenari suggestivi. Ma al momento è prematuro dire se l’infezione possa trasmettersi, oltre che con la zanzara Aedesaegypti, anche «via saliva». Anche se, va precisato, in Australia si sta indagando sul passaggio da scimmia a uomo attraverso un morso. Serviranno, chiudono dal Bo «osservazioni cliniche più estese, attualmente in corso, e sperimentazioni su modelli animali».
Mauro Pigozzo – Corriere del Veneto – 15 marzo 2016