In passato stimare la prestazione che la maggior parte dei lavoratori dipendenti avrebbe ricevuto al pensionamento risultava essere un’operazione relativamente semplice. Il mito dell’80% dell’ultima retribuzione percepita, dopo 40 anni di anzianità contributiva, rappresentava infatti un parametro sostanzialmente valido per tutti. Oggi la situazione è notevolmente cambiata. Il metodo contributivo rende la stima molto più problematica e paragonare prestazioni eventualmente maturate da altri lavoratori con caratteristiche simili può portare a grossolani errori di valutazione. Vediamo il perché. Consideriamo un lavoratore che abbia oggi 41 anni di età e che sia stato iscritto per la prima volta all’Inps all’età di 25. Ipotizziamo che la sua prima retribuzione annua lorda percepita sia stata pari (in valore di oggi) a 15mila euro.
Ipotizziamo che il dipendente decida di pensionarsi a 70 anni e che nell’ultimo anno di servizio percepisca, sempre in valore di oggi, una retribuzione annua lorda di 30mila euro. In una situazione del genere, ipotizzando anche che nel corso dell’attività di servizio, il lavoratore abbia ricevuto incrementi retributivi costanti, la prestazione finale che potrebbe essere maturata al pensionamento dovrebbe aggirarsi intorno al 75% dell’ultima retribuzione annua.
Completamente diversa risulta essere la situazione qualora il medesimo dipendente abbia invece percorso una carriera anticipata, con incrementi retributivi più elevati nella prima parte della vita lavorativa, o posticipata con incrementi retributivi più elevati nella seconda parte. Vediamo i due scenari limite a confronto: il lavoratore, nel caso di carriera anticipata, ha raggiunto il livello retributivo finale (30mila euro in valore attuale) nel secondo anno di servizio e ha mantenuto tale livello fino al pensionamento; oppure , nel caso di carriera posticipata, il livello retributivo si è mantenuto costante a 15mila euro ed è raddoppiato solo nell’ultimo anno di servizio. Applicando il metodo contributivo, la prestazione finale è completamente differente da quella determinata in precedenza, ipotizzando incrementi retributivi costanti. Nel caso di carriera anticipata, infatti, la pensione finale risulterebbe pari al 104% dell’ultima retribuzione. Nel secondo caso, invece, (con una carriera posticipata) la pensione si riduce al 53%. Le proiezioni elaborate non vogliono far intendere che non sia possibile sviluppare stime ragionevoli della copertura pensionistica finale, ma vogliono evidenziare l’importanza di monitorare nel tempo il livello di prestazioni che l’Inps è in grado di garantire a proprio favore perché è sulla base di tale livello che il lavoratore dovrà poi finanziare in maniera adeguata la previdenza complementare. È quindi importante condurre sempre l’analisi a livello individuale, con riferimento alla situazione personale, perché l’ evoluzione retributiva, la tipologia di contratti utilizzati, le scelte compiute nel corso della carriera lavorativa in maniera previdenziale influenzano in maniera determinate il risultato finale. una delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi (coltivatori diretti, coloni, mezzadri, imprenditori agricoli professonali, artigiani e commercianti).
Il Sole 24 Ore – 10 ottobre 2013