di Roberto Turno. «Di manovra in manovra», la sanità ha già dato tanto in questi anni al risanamento dei conti pubblici. Anzi, forse ha dato troppo. Tanto che i livelli essenziali di assistenza (Lea) rischiano seriamente di essere messi in discussione e per gli italiani stanno velocemente peggiorando le condizioni «di accesso fisico ed economico ai servizi». Un pericolo tanto più grande perché sotto la tormenta della crisi crescono i bisogni e lo stress sociale. E gli italiani, impoveriti, possono sempre meno pagare di tasca propria le spese per la salute che il Servizio sanitario non riesce a garantire. A mettere in guardia una volta di più sui rischi di tenuta del sistema (più o meno) universalistico del Ssn è il Cnr che nel rapporto «Issirfa Cnr 2013» sulle regioni, edito da «Il Sole 24-Ore», traccia limiti e prospettive della nostra sanità pubblica. Il rapporto
Tra Cottarelli e Titolo V
Mentre avanza il cronoprogramma della spending review di Cottarelli, e mentre Governo e regioni cercano di stringere i tempi per arrivare a sottoscrivere il «Patto per la salute», cresce di tono il dibattito sui destini del Servizio sanitario nazionale. Anche perché in prospettiva è destinata a far sentire i suoi effetti anche la modifica del titolo V della Costituzione proposta proprio ieri dal Consiglio dei ministri con un Ddl costituzionale, nel quale si delinea un federalismo con “più Stato e meno regioni”. In questo quadro il rapporto del Cnr aggiunge un tassello importante al dibattito in corso. Anche perché, sebbene costruito sui dati del 2012, si avventura fino ai tempi odierni toccando i nervi più sensibili del sistema pubblico di tutela della salute.
Buoni voti alle regioni
Le conclusioni del rapporto – anticipato dal settimanale «Il Sole-24 Ore Sanità» – partono, spiega la curatrice del capitolo sanità Stefania Gabriele, da un assunto: «Tagli di spesa o stabilizzazione delle risorse, regionalismo o centralizzazione, ospedale o territori: i dilemmi fondamentali del Ssn continuano a riproporsi negli anni della crisi economica più grave dal Dopoguerra, come altalene a moto perpetuo». Un’altalena su cui, appunto, si confronta il rapporto anche (ma non solo) nel capitolo dedicato alla sanità. Sottolineato che in questi anni il Ssn ha contribuito largamente agli sforzi di contenimento della spesa pubblica, le conclusioni dello studio del Cnr, pur senza negare il tanto che ancora manca all’appello, evidenziano «il buon risultato in termini di spesa e di disavanzo» registrato dal Ssn a conferma di «un cambiamento importante nella gestione della sanità nel nuovo millennio» grazie a «una maggiore responsabilizzazione delle regioni». Buoni voti (o quasi), insomma. Ma attenzione, avverte il Cnr: «Questo non significa che i problemi di accountability e di trasparenza siano superati». Insomma, i buchi neri restano, eccome.
La scure dei tagli e gli italiani più poveri
A fronte degli sforzi fatti, e che evidentemente ancora non bastano, ecco però che «la scure dei tagli non si è fermata, ma anzi sono già previsti ulteriori risparmi per i prossimi anni». Si parla dei tagli varati fino al 2012, ma che nel 2013 hanno proseguito a far sentire i loro effetti. E che nel 2014 sono stati solo in parte fermati. E allora, ecco il pericolo: «Se alcuni aumenti di efficienza sono stati probabilmente raggiunti – si legge nelle conclusioni del rapporto – si stanno presentando strozzature e carenze che possono mettere in discussione l’erogazione dei Lea». Un cono d’ombra che viene imputato principalmente «ai limiti nelle assunzioni e all’aumento delle compartecipazioni a carico degli assistiti». Peggiorando di conseguenza l’accesso ai servizi proprio mentre gli italiani, sempre più poveri, sono sempre meno in grado di affrontare spese «out of pocket».
Quale Welfare con Renzi?
Le «tentazioni di abbandono del sistema universalistico non sono mancate», rimarca il rapporto Cnr. A partire dal dibattito aperto dall’ex premier Mario Monti sulla sostenibilità del Ssn fino «alle suggestioni sul possibile ruolo delle assicurazioni private» o alle ipotesi di aumento dei ticket. Manovre sventate? Si vedrà. Si vedrà come andrà la spending, come finirà il «Patto», come si indirizzerà il federalismo sanitario. E come sarà davvero il Welfare che Matteo Renzi ha in testa. Ma questo il Cnr non lo dice. Magari lo lascia intuire.
Regioni: Lea e costi in altalena. Risparmi da dedicare alla riorganizzazione: dove si taglia l’assistenza vacilla
Tagli di spesa o stabilizzazione delle risorse, regionalismo o centralizzazione, ospedale o territorio: i dilemmi fondamentali del Ssn continuano a riproporsi negli anni della crisi economica più grave del Dopoguerra, come altalene a moto perpetuo. II Rapporto sulle Regioni 2013 dell’Issirfa – Cnr (Istituto di studi sui Sistemi regionali federali e sulle autonomie) si confronta con questi problemi nel capitolo sulle politiche sanitarie.
Oggi ci si interroga sull’esito del confronto tra ministro della Salute, presidente del Consiglio e commissario alla spending review. Le cifre delle revisioni di spesa non appaiono allarmanti (300 milioni nel 2014, 800 nel 2015 e 2.000 nel 2016), ma sono al netto dei risparmi sugli acquisti di beni e servizi. L’aspetto cmciale è se le risorse saranno reinvestite nella sanità o meno. L’insofferenza delle Regioni sui tagli si spiega con l’ampiezza delle misure introdotte tra il 2010 e il 2012, che dovrebbero garantire una conrzione di circa 9 miliardi a regime, al netto dell’aumento dei ticket bocciato dalla Corte costituzionale. II Rapporto ricostruisce le manovre del 2012: la spending review, con le regole per l’abbattimento degli esborsi per acquisti di beni, servizi e prestazioni, l’ennesima riduzione dello standard di posti letto, la cui disponibilità già nel 2010 era inferiore alla media europea, gli ulteriori interventi sulla fannaceutica e sul personale. I dati mostrano che il controllo sull’evoluzione della spesa è assicurato. Negli anni 2000 il trend è stato uno dei più moderati nell’area Ocse e i sistemi regionali hanno ottenuto un insperato riconoscimento dalla Ragioneria generale dello Stato, che in audizione presso la commissione Igiene e Sanità nel maggio scorso ha dato atto della nuova responsabilizzazione finanziaria delle Regioni e del superamento del vincolo di bilancio soft, con un tasso di crescita della spesa più che dimezzato tra il 2002-2006 (5,8% in media) e il 2006-2010 e lievemente negativo nel 2010-2012, e una riduzione del disavanzo dal 6,5 al 2% del finanziamento effettivo in 6 anni. Il Rapporto sottolinea che le Regioni sono attive nel campo della tutela della salute (nel 2012 soprattutto su prevenzione e controllo, servizi socio-sanitari, più in generale programmazione e riordino): nel tempo si potrà valutare meglio l’efficacia di tale sforzo, i cui risultati non appaiono tuttavia ancora soddisfacenti. Non si possono infatti nascondere le carenze nella gestione di alcuni servizi sanitari regionali e gli squilibri territoriali, evidenziati dal monitoraggio dei piani di rientro e dei Lea, come pure dalla Corte dei Conti: dalle criticità sulla certificazione dei debiti alle carte contabili non regolarizzate, alle spettanze trattenute dal bilancio regionale e non trasferite al Ssn, dalle insufficienze nella sistemazione delle reti, nel riordino dell’ospedaliera, nella gestione del personale, nella regolazione dei rapporti con i privati e nell’applicazione delle manovre ai tempi di pagamento troppo lunghi e alle incoerenze nell’attuazione del piano di rientro. Ritardi nel riordino dei Ssr e blocco permanente del turn-over hanno reso difficile garantire i Lea nelle Regioni con piano di rientro: solo il Piemonte tra queste è stato completamente adempiente nel 2011, mentre Calabria, Campania e Puglia sono state valutate in posizione critica. Forti divergenze tra le Regioni emergono anche sulle prestazioni aggiuntive (l’Issirfa ha raccolto informazioni con un questionario, realizzato in collaborazione con l’Isfol). E vero allora che il federalismo ha accresciuto le distanze territoriali? Difficile rispondere, dal momento che la sua realizzazione si è incrociata con le politiche di austerità degli ultimi anni. Le Regioni comunque si sono schierate a difesa del Ssn e del suo universalismo, confermando che in fasi di arretramento del welfare i governi subnazionali possono rappresentare un argine allo smantellamento dei sistemi sociali e sanitari. Al di là delle manovre di bilancio, nel 2012 da parte del Governo è stato avviato uno sforzo di riorganizzazione del Ssn, in particolare attraverso il decreto Balduzzi, che tra l’altro doveva affrontare la questione del trasferimento di prestazioni dall’ospedale al territorio e del rafforzamento dell’assistenza primaria e distrettuale, ma la mancata allocazione di risorse su questo intervento ne limita drasticamente la portata. La battaglia agli sprechi nella sanità va continuata, ma le risorse recuperate sono indispensabili per rafforzare i servizi territoriali, superare il blocco del turn-over e attuare i necessari processi di riordino dell’ospedaliera senza l’ossessione di un eccessivo taglio dei posti letto. L’altalena del Ssn non deve perdere l’equilibrio.
Il Sole 24 Ore sanità – 1 aprile 2014