Ebola terrorizza l’Africa, cento morti in pochi giorni. Il virus dilaga dalla Guinea alla Liberia. Msf: proporzioni mai viste
di Lorenzo Simoncelli. Sembra quasi una maledizione: ogni 19 anni, Ebola, il virus che terrorizza solo a nominarlo, torna a mietere vittime in Africa. Dopo lo Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) nel 1976 e nel 1995, oggi, per la prima volta, tocca alla Guinea, uno degli Stati più poveri al mondo. L’ultimo bollettino del Ministero della Salute locale parla di 122 casi sospetti e 78 morti. Quasi tutti nella zona sud-orientale del Paese, da dove sarebbe partita l’epidemia. Ma al contrario delle altre volte, la febbre emorragica, che ha un tasso di mortalità tra il 60% e il 90% e ancora oggi è impossibile da curare, ha colpito anche i grandi centri urbani. Otto le persone che hanno contratto il virus nella capitale Conakry, uno di questi è deceduto. «Stiamo affrontando un’epidemia che non ha precedenti per diffusione geografica», ha commentato Mariano Lugli, coordinatore emergenze di Medici Senza Frontiere.
Un epidemiologo dell’organizzazione umanitaria francese, ha fatto sapere che si tratterebbe dello stesso ceppo che si era manifestato in Zaire, «il più aggressivo e il più letale, che uccide 9 pazienti su 10». Dalle prime indagini realizzate dalle autorità sanitarie locali sembrerebbe che il virus sia stato trasmesso all’uomo da pipistrelli o gorilla. Per questo motivo è stata vietata la vendita della carne dei due animali, molto comune nella tradizione culinaria guineana. Il Dipartimento per le malattie infettive ha vietato anche i tradizionali riti funebri, che prevedono il lavaggio dei corpi del cadavere, data la maggioranza musulmana della popolazione del Paese.
Anche se le autorità locali stanno cercando di rassicurare attraverso messaggi tv, il panico per il contagio si sta diffondendo a Conakry e dintorni. «C’è molta paura nella capitale», racconta Cristina Cannelli, responsabile di un progetto contro l’HIV della Comunità di Sant’Egidio in Guinea, appena tornata da Conakry. «Inizialmente c’è stata una scarsa comunicazione – continua – e la fragilità delle infrastrutture locali non ha aiutato».
A Conakry è stato annullato un concerto della star senegalese Youssou Ndour. Dalla capitale guineana, Julie Damond, portavoce regionale di Medici Senza Frontiere, conferma la difficoltà nell’isolare l’epidemia a causa «del nomadismo della popolazione che viaggia per commerciare e visitare le famiglie». Morti per Ebola sono stati, infatti, certificati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità anche in Liberia e in Sierra Leone, dove ci sarebbero già 11 decessi. Ieri sera, in un appello alla Nazione, il Ministro della Salute liberiano ha espressamente richiesto alla popolazione di evitare relazioni sessuali per cercare di ridurre il contagio. E nella capitale Monrovia sembra esserci già una Ebola-fobia con persone che girano per la strada con i guanti.
L’epidemia sembra non avere confini e intimorisce molti degli Stati limitrofi alla Guinea. Senegal e Mauritania hanno già chiuso le frontiere. Dall’Ambasciata Italiana a Dakar fanno sapere che, al momento, i connazionali presenti in Guinea sono 29, quasi tutti nella capitale Conakry. Il presidente della Guinea, Alpa Conde, ha dichiarato l’emergenza sanitaria nel Paese e i Ministri degli esteri dell’Africa occidentale hanno parlato di «minaccia per la sicurezza della regione». L’Unione Europea ha già stanziato 500 mila euro di aiuti dopo la richiesta da parte dell’Ecowas (Economic Community of West African States) e probabilmente ulteriori sovvenzioni saranno discusse a margine del vertice tra Unione Africana ed Unione Europea che si terrà tra domani e giovedì a Bruxelles.
L’esperto: «Una zuppa di pipistrelli potrebbe aver scatenato l’epidemia»
Giuseppe Ippolito, direttore dell’Istituto epidemiologico Spallanzani di Roma, dobbiamo preoccuparci?
«Due elementi preoccupano in questa epidemia: che si sia verificata in una zona finora risparmiata e la velocità di diffusione. I Paesi colpiti sono molto poveri, senza strutture sanitarie adeguate e le frontiere fra di loro molto porose».
Come è esplosa l’epidemia?
«La tesi più diffusa che sia partita da pipistrelli portatori del virus. Le popolazioni delle zone interessate li mangiano comunemente, sia arrostiti che in forma di zuppa. Ma anche il contatto con il guano può portare all’infezione».
Perché è arrivata in città?
«In questo caso è il contesto sociale a spiegarlo: le popolazioni sono molto mobili e vanno a Conakry ad acquistare beni essenziali che si trovano solo lì o per mandare i figli a scuola, visto che gli istituti sono concentrati nella capitale».
Perché una mortalità così alta?
«Non c’è una cura specifica per il virus. I pazienti vengono trattati con antivirali come ribavirina, quando è disponibile, antibiotici, trasfusioni e idratazione. Ma va considerato che il tasso del 90% è all’inizio dell’epidemia, quando emergono i primi casi più gravi e in paesi con pochissimi ospedali attrezzati».
Potrebbe arrivare in Europa?
«Il contagio avviene attraverso il contatto con persone malate, feci, sudorazione emorragica, rapporti sessuali, manipolazione di corpi. Il Centro europeo per il controllo delle malattia di solito dispone controlli sulle persone che arrivano dalle zone colpite. È probabile che ci saranno delle restrizioni a breve».
La Stampa – 1 aprile 2014