Nel pubblico impiego, in caso di licenziamento disciplinare illegittimo, «secondo me, bisogna prevedere sempre il reintegro. Anche perché c’è un rischio di spoil-system, di tipo politico, che in un’azienda (privata, ndr ) non c’è». Il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, chiarisce il proprio orientamento, in tema di licenziamenti, dopo le polemiche seguite alle assenze massicce dei vigili di Roma a Capodanno. E soprattutto nel giorno in cui il relatore della delega sulla Pubblica amministrazione, Giorgio Pagliari (Pd), ha presentato 15 emendamenti, tra cui quelli che dovrebbero rendere più celeri ed efficaci i procedimenti disciplinari. Nella Pubblica amministrazione, secondo il ministro, quando un licenziamento disciplinare risulta illegittimo, non si può applicare solo l’istituto dell’indennizzo, come sarà invece per i contratti privatistici che saranno stipulati con l’entrata in vigore del Jobs act, ma bisogna prevedere il reintegro del lavoratore.
«Il Jobs act non si applica al pubblico impiego: è un provvedimento per il settore privato» ha chiarito Madia. Tornando ai 15 emendamenti, ce n’è uno, destinato a far discutere, che limita la responsabilità amministrativo-contabile dei dirigenti agli atti di sola gestione, escludendola per quelli che sono attuazione di un indirizzo politico. I dirigenti, dunque, non possono essere ritenuti responsabili di danni erariali provocati dalle scelte politiche di chi li indirizza. Un contentino, non da poco, dato ai dirigenti, fin qui molto penalizzati dalla delega. Basti ricordare che saranno inseriti tutti in ruoli unici (uno a livello statale, uno regionale, uno degli enti locali) da cui verranno «pescati» per rivestire di volta in volta incarichi diversi. Qualora per due anni consecutivi non ne riceveranno, saranno licenziabili.
Ma questo era già contenuto nella delega, così come c’era già la fissazione di «limiti assoluti» al loro «trattamento economico complessivo». Un emendamento del relatore ieri ha invece cancellato le quote percentuali (30% per la retribuzione di posizione e 15% per quella di risultato) che la delega aveva fissato. Percentuali che verranno decise dal decreto attuativo.
Da segnalare l’emendamento che inserisce nel ruolo unico dei dirigenti statali anche quelli delle università e degli enti pubblici di ricerca. Sono esclusi invece dal ruolo unico dei dirigenti regionali (che comprende gli amministrativi del Servizio sanitario nazionale) i veterinari e i dirigenti sanitari. Non entreranno nel ruolo unico degli enti locali i direttori generali dei Comuni.
Quanto ai dipendenti della Pa e ai procedimenti disciplinari, gli emendamenti modificano l’articolo 13 puntando a semplificare le norme sulla valutazione, riconoscendo merito e premialità, sviluppando sistemi distinti di misurazione del raggiungimento dei risultati della struttura e dei singoli, utilizzando standard di riferimento e confronti. Ma soprattutto viene prevista «l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei dipendenti finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare». È questo l’ambito in cui si inseriranno norme più stringenti sul licenziamento, fin qui non meglio precisate, che però, a detta di Madia, nel caso di quelli disciplinari illegittimi, prevederanno comunque il reintegro.
Un emendamento conferma la nascita del «Polo unico di medicina fiscale» che sottrae alle Asl il compito di gestire le visite fiscali, assegnandolo all’Inps. L’istituto si è detto pronto a provvedervi con la metà degli stanziamenti attuali e con un sistema informatizzato. Tutto ciò dovrebbe comportare conseguenze in fatto di fasce orarie e giorni di reperibilità che oggi sono differenti: 4 ore nel privato e 7 nel pubblico, dove la visita può scattare anche dal primo giorno.
Il termine per presentare i subemendamenti è il 29 gennaio, poi il testo passerà al voto in commissione Affari costituzionali al Senato. Intanto è negativo il giudizio del senatore Maurizio Sacconi (Area popolare) sugli emendamenti, che sarebbero frutto di «una vecchia logica pubblicistica». (Antonella Baccaro – Corriere della Sera)
La rassegna stampa
Statali, più facile licenziare. Stretta del governo su visite fiscali e sanzioni
Paolo Baroni. Arriva la stretta del governo su visite fiscali e sanzioni disciplinari a carico dei dipendenti pubblici: con una serie di emendamenti depositati ieri in Senato, e messi a punto dal relatore Giorgio Pagliari (Pd) d’intesa con l’esecutivo, nella legge delega sono state inserite una serie di «norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi» l’esercizio «dell’azione disciplinare». In particolare, ha spiegato Pagliari, «si responsabilizza in modo stringente il responsabile del procedimento affinché lo concluda».
Presidenza del Consiglio
Spunta invece un richiamo alla Costituzione nell’emendamento sui poteri della presidenza del Consiglio dei ministri all’articolo 7 del ddl «all’esclusivo fine di attuare l’articolo 95» della Carta, e scompare invece la parola «rafforzamento» presente nella versione originaria della riforma e collegata al ruolo di coordinamento dell’attività del ministri da parte del premier. Più soft anche la linea sugli uffici di diretta collaborazione di ministri e sottosegretari: non si parla infatti più di loro «riduzione».
Visite fiscali all’Inps
Il cuore delle modifiche riguarda però i procedimenti disciplinari, che come ha sottolineato ieri il ministro della Pa, Marianna Madia, «devono avere una normativa che ne consenta un concreto e rapido esercizio» confermando però l’impianto della legge Brunetta del 2009. Nella riforma «abbiamo messo un criterio di delega che rafforzi la normativa in modo che non ci siano blocchi. I numeri fanno capire che i licenziamenti nella pubblica amministrazione sono possibili», ha aggiunto Madia. In pratica «si rafforza quello che c’è già». In parallelo, dopo il caso dei vigili romani, è stata prevista anche la «riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l’effettività del controllo, con attribuzione della relativa competenza all’Inps».
Carriere dirigenti
Molte le novità anche per i dirigenti col superamento degli automatismi nel percorso di carriera e costruzione dello stesso in funzione degli esiti della valutazione. Le cui norme, a loro volta, saranno semplificate: previsto anche lo «sviluppo di sistemi distinti per la misurazione dei risultati raggiunti dall’organizzazione e dei risultati raggiunti dai singoli dipendenti». Inoltre il ruolo unico della dirigenza è stato esteso anche università pubbliche ed enti di ricerca. Confermata la possibilità di accorpare la Forestale ad altri corpi di polizia, ma la riorganizzazione dei controlli su ambiente e territorio viene estesa anche ai corpi di polizia provinciale.
Camere di commercio
Cambiano anche le norme sulle camere di commercio, sulla falsa riga dell’intesa già raggiunta col governo: si passerà da 105 a 60 camere di commercio, con una soglia minima di almeno 80 mila imprese iscritte. Verranno ridisegnati compiti e funzioni, ma la gestione del registro imprese non verrà trasferita.
Messo a punto lo schema generale ora il governo cerca di stringere i tempi: subemendamenti entro il 29 gennaio, dal 30 inizio delle votazioni con l’obiettivo di varare i decreti attuativi in contemporanea con l’approvazione della delega. (La Stampa)
Statali, sbloccati i licenziamenti disciplinari
Emendamento del relatore alla legge delega: procedure sanzionatorie più rapide, visite fiscali affidate all’Inps Si va anche verso il superamento degli automatismi di carriera per i dirigenti. Tweet di Renzi sugli sgravi al cuneo fiscale
Licenziamenti certi per chi infrange le regole, carriere legate al merito e non più agli automatismi, visite mediche fiscali affidate all’Inps. Così il governo intende rafforzare la riforma della pubblica amministrazione: far funzionare, prima di tutto, le norme in materia disciplinare che già ci sono, rendendole efficaci e di rapida applicazione. La malattia di massa che ha colpito i vigili romani nella notte di Capodanno ha lasciato il segno: gli emendamenti che ieri il governo ha presentato alla legge delega puntano a sbloccare i licenziamenti disciplinari «accelerando e rendendo concrete» le norme che li prevedono. Quelle, per intendersi, già introdotte dalla riforma Brunetta nel 2009.
Fino ad oggi hanno funzionato poco e male, lo dicono i numeri forniti dall’ispettorato della Funzione Pubblica. Nel 2013 (ultimi dati disponibili) per portare a termine un provvedimento disciplinare ci sono voluti in media 102 giorni (78 nel 2011). Su settemila dossier avviati, il licenziamento, ovvero la sanzione più grave, ha riguardato 220 casi. «Obbligare a certezza e rapidità, responsabilizzando sui tempi chi dovrà applicare le norme: è questo che oggi manca e questo sarà il miglior deterrente possibile contro le infrazioni» sottolinea Giorgio Pagliari, il relatore del ddl sulla pubblica amministrazione che ha presentato gli emendamenti in commissione Affari costituzionali al Senato.
L’obiettivo delle modifiche volute dal governo, dunque, è quello di rendere più facili sia i licenziamenti disciplinari che quelli per scarso rendimento (per i quali oggi si prevedono valutazioni e giudizi di inefficienza per almeno due anni). Di pari passo con la certezza dei tempi sui provvedimenti disciplinari, arriverà la stretta sulle assenze dei dipendenti pubblici per malattia: Pagliaro ha presentato anche un emendamento che riorganizza i controlli affidandoli all’Inps (oggi li effettua l’Asl), istituto al quale dovranno quindi essere trasferiti fondi attualmente versati alle regioni. Altra novità riguarda i dirigenti: una proposta di modifica ad hoc fissa «il superamento degli automatismi nel percorso di carriera e la costruzione dello stesso in funzione degli esiti della valutazione». Procedere per merito, insomma, applicando i criteri che dovrebbero far fede nel privato. A differenza del privato, però il Jobs act nel settore pubblico non si applica: lo ha ripetuto ieri il ministro della Pa, Marianna Madia, precisando che, riguardo alla possibilità di esplicitare tale esclusione «si valuterà nella forma cosa è meglio fare». Sulla riforma del lavoro appena varata è intervenuto via Facebook e Twitter anche il premier Renzi, scrivendo «cosa cambia per chi vuole assumere» e allegando un grafico sulla riduzione del cuneo fiscale e gli sgravi contributivi introdotti dal Jobs Act. L’esempio che si fa è quello di un lavoratore a tempo indeterminato con reddito annuo lordo di 24 mila euro: in busta paga, secondo il grafico, guadagnerà non più 1.308 euro, ma 1.483. (Repubblica)
Disciplinari con tempi più certi nella Pa
Con la trentina di emendamenti presentati dal relatore al Ddl Pa, Giorgio Pagliari (Pd) – ieri gli ultimi anche in materia di lavoro pubblico – s’avvia alla chiusura la prima lunga e lenta fase iniziale dell’iter di conversione della delega in Senato. Entro il 29 gennaio c’è ancora tempo per i subemendamenti. Poi, dopo l’elezione del Capo dello Stato, si voterà in commissione Affari costituzionali e si andrà in aula.
Con le correzioni all’articolo 13 del testo si introduce tra i criteri di delega l’annunciata semplificazione delle norme sulla valutazione dei dipendenti e sulla “certezza” dei tempi e delle procedure per l’azione disciplinare: «Non ci saranno più blocchi ai procedimenti», ha osservato il ministro Marianna Madia che ieri ha ribadito con nettezza che il Jobs act «non si applica al pubblico impiego». Questi criteri di delega rafforzati sul pubblico impiego vanno letti insieme con quelli sulla dirigenza, laddove si precisa la responsabilità (e la relativa valutazione) sulla gestione amministrativa, distinta dalla cosiddetta «attuazione dell’indirizzo politico». Altra correzione significativa presentata riguarda l’assetto organizzativo della Scuola nazionale dell’amministrazione, ovvero il soggetto unico che gestirà i corsi-concorsi e le procedure di formazione dei dipendenti pubblici dopo il riordino previsto dal Dl 90 della primavera scorsa, che ha previsto la chiusura delle cinque vecchie scuole della Pa. La Sna, secondo i nuovi criteri di delega, potrà avere un’autonomia giuridica e coinvolgere «istituzioni nazionali ed internazionali di riconosciuto prestigio» nonché «avvalersi, per le attività di reclutamento e di formazione, delle migliori istituzioni di formazione».
Sempre per la dirigenza si riducono ulteriormente gli automatismi dei percorsi di carriera , che saranno costruiti in funzione degli esiti sulla valutazione della performance che sarà effettuata dalla prevista Commissione per la dirigenza statale che sarà costituita presso la Presidenza del Consiglio. (Il Sole 24 Ore)
21 gennaio 2015