Giro di valzer sul decreto applicativo delle nuove regole contrattuali scritte sulle forniture nella filiera agroindustriale (articolo 62 della legge sulle Liberalizzazioni). Appena il provvedimento è stato firmato dai ministri delle Politiche agricole Mario Catania e dello Sviluppo economico Corrado Passera, a sorpresa si è ribaltato il fronte dei favorevoli e contrari. Industriali, artigiani e commercianti, con una missiva inviata da Giorgio Squinzi e Carlo Sangalli, hanno chiesto un rinvio dell’entrata in vigore, mentre i “nemici” della prima ora e cioè i rappresentanti del settore della distribuzione, hanno chiesto l’applicazione nei tempi previsti e cioè il 24 ottobre. Ma di rinvio non se ne parla. Catania e Passera, sabato, hanno ribadito che le norme saranno applicate.
«Siamo disponibili – ha detto Catania – ad aprire un tavolo con Confindustria e Confcommercio, perché non si tratta di norme tabu, aggiustamenti sono possibili, ma non vediamo le motivazioni di un rinvio. In questa prima fase ci sarà tutta la flessibilità delle amministrazioni per gli aggiustamenti del caso sia sul testo della legge sia sul decreto applicativo».
Catania ha poi detto che «riteniamo incomprensibile smontare una norma mentre in tempi brevissimi dovremo recepire una direttiva comunitaria sui termini di pagamento definiti dalla nostra legge (30 giorni per i prodotti deperibili, 60 per gli altri. Oggi i pagamenti nella filiera arrivano invece fino a 90-95 giorni, ndr). Sulla stessa lunghezza d’onda anche il ministro Passera che ha ribadito «l’articolo 62 va avanti» anche se con ampie aperture ad aggiustamenti, ma l’aspetto importante secondo il titolare dello Sviluppo economico è aver chiarito che «non si può abusare dei più deboli».
«L’obbligo di pagamento entro 30 giorni per le merci deperibili e di 60 giorni per tutte le altre avrà pesanti e inevitabili conseguenze per le imprese del settore produttivo e distributivo incidendo sull’equilibrio finanziario a causa del venir meno importanti flussi di liquidità e determinando, di fatto, un sostanziale blocco degli investimenti in nuovi punti vendita. Tutto questo in un momento in cui le imprese registrano ancora forti difficoltà per l’accesso al credito bancario» hanno scritto i presidenti di Confindustria e Confcommercio, Giorgio Squinzi e Carlo Sangalli, in una lettera congiunta inviata al presidente del Consiglio Monti e ai ministri Catania e Passera.
«Se Squinzi ha inviato la lettera – è intervenuto Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare – avrà avuto le sue buone ragioni. Non gli ho ancora parlato direttamente, la decisione mi è stata comunicata dal direttore generale di Confindustria. Non nego che ci siano differenze di vedute nella filiera ma del resto è inevitabile che ci siano quando c’è un’idea nuova: si creano problemi pratici ed è necessario una messa a punto. Squinzi ha chiesto uno slittamento dei termini applicativi e non di soprassedere, anche perchè ci muoviamo nell’ambito di regole europee».
La questione più controversa riguarda l’obbligatorietà della forma scritta dei contratti commerciali che era stata ammorbidita prevedendo la deroga «anche se privi di sottoscrizione»; dopo le critiche del Consiglio di Stato e stato poi “corretto” con l’inciso che la deroga è ammessa solo quando si ha «l’assoluta certezza» su chi ha concluso il contratto». «Tutti questi aspetti – conclude Ferrua – vanno chiariti una volta per tutte».
Malumori anche in casa Assocarni. «Auspichiamo – ha detto il vice presidente Luigi Scordamaglia – modifiche applicative che semplifichino e sburocratizzino le norme ma senza proroghe. È una norma di civiltà e di moralizzazione che porrà fine a situazioni non più accettabili nella filiera».
Diverso il clima sul fronte della grande distribuzione. «Ora che la legge c’è – dichiara, sorridente, Vincenzo Tassinari, presidente del consiglio di gestione di Coop Italia – pretendiamo che venga applicata. Con il decreto attuativo la legge è stata notevolmente migliorata e non si comprende perchè si debba far slittare». Tassinari però non chiude la porta. «Noi comunque – aggiunge – siamo disponibili a sederci attorno a un tavolo e parlarne». Ma come spiegare la piroetta dell’industria? «Abbiamo detto più volte – conclude Tassinari – che la legge avrebbe introdotto rigidità eccessive e una montagna di adempimenti anche per le Pmi, che intendiamo tutelare. La grande industria si difende da sola».
La preoccupazione tra gli operatori è palpabile e, pur riconoscendo che il settore si basava su anomalie da sanare, si teme che la cura sia decisamente peggiore del male. «I principi espressi dalle legge sono condivisibili – spiega Roberto Cerminara, responsabile legislazione d’impresa di Confcommercio – ma non possiamo non sottolineare sia l’anomalia di inserire queste norme in un Dl sulla crescita sia la rigidità della forma scritta. E se i grandi operatori si possono organizzare e hanno la forza economica per farlo, i piccoli rischiano di rimanere strangolati; sia a causa della burocrazia, per il fatto che ogni fornitura va fatturata, sia dai tempi di pagamento rigidi in uscita ma assai elastici in entrata. Per non dire che proprio sui tempi di pagamento si sovrappongono in Italia ormai cinque sistemi normativi e il caos è inevitabile».
Interessato dai nuovi contratti sia il mondo della produzione agricola, che incassa pagamenti più rapidi a fronte però di non poche complicazioni burocratiche e gestionali (per esempio per quel che riguarda la stesura per ogni singola fornitura), sia quello del commercio ma anche della ristorazione.
«Un provvedimento utile per gli agricoltori rischia di creare problemi ad alcuni comparti importanti come, ad esempio, florovivaismo e zootecnia – spiega il presidente di Confagricoltura Mario Guidi – L’estensione, a questi ed altri settori, delle norme che dal 24 ottobre prossimo regoleranno i contratti di cessione dei prodotti alimentari, infatti, non ha tenuto conto delle dinamiche di specifici mercati, soprattutto nelle contrattazioni internazionali. Rischiamo di far crollare la competitività delle nostre aziende, perché saranno preferiti ornitori di altri Paesi che operano con condizioni più flessibili”.
«Andiamo avanti con l’applicazione dell’art. 62 e poi lavoreremo insieme per aggiustare quegli aspetti normativi che possono creare problemi» così il presidente di Fedagri-Confcooperative Maurizio Gardini commenta, a nome dell’Alleanza delle cooperative agroalimentari, l’imminente entrata in vigore dell’art. 62 che regola i rapporti nella filiera commerciale tra produttori e distribuzione.
«È una norma che mette chiarezza nei rapporti, opera nel senso della trasparenza e obbliga soprattutto al rispetto delle regole, e in questo Paese occorre cominciare tutti a capire che le regole vanno rispettate. È evidente poi che quando si scrive una norma generale valevole per tutti ci sono problemi di applicazione che si riscontrano nelle questioni di specie e su questo – prosegue Gardini – dovremo fare il nostro lavoro come associazioni insieme al Parlamento e al Ministero per correggere ciò che non va. Ma questo è il secondo tempo: il primo tempo non si deve interrompere, altrimenti si perde la partita a tavolino”.
Nella ristorazione Camst di Bologna, 500 milioni di ricavi nel 2011 per uno dei leader italiani della ristorazione collettiva, ha calcolato che i nuovi termini di pagamento per i fornitori, stante che l’azienda continuerà a ricevere i saldi più o meno nei tempi attuali, avranno un costo finanziario di almeno 20 milioni che inizieranno a farsi sentire dalla primavera prossima. «Purtroppo i conti sono abbastanza semplici – spiega Palo Zacchi, direttore amministrativo e finanziario di Camst -: visto che noi incassiamo in media a 180-200 giorni e oggi paghiamo i nostri fornitori, sempre in media, intorno ai 120 giorni. Scendere a una media di 75 per questi ultimi lasciando inalterati i tempi dei primi ci costerà una ventina di milioni di euro, per i quali ci dovremo finanziare in banca».
Prudente Fedarlimentare (Confindustria). «Come tutte le leggi che innovano anche questa – spiega il presidente Filippo Ferrua – richiede una fase di messa a punto. La legge introduce maggiore equilibrio nei rapporti tra fornitori e clienti all’interno della filiera agroalimentare ed è la risposta all’incapacità degli attori della filiera di trovare un equilibrio attraverso forme di autoregolamentazione più volte ricercate».
Cosa prevede la nuova disciplina (articolo 62 legge 27/2012)
Dal 24 ottobre entrano in vigore le norme sui contratti agroalimentari che, tra l’altro, prevedono obbligo del contratto di vendita in forma scritta per le cessioni di prodotti agricoli e alimentari (articolo 62 del Dl 1/2012 e legge 27/2012) e termini molto stringenti per i pagamenti (30 giorni per i prodotti deteriorabili e 60 per gli altri). Termini che decorrono dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura. Ai fini dei termini di pagamento, con effetto per le consegne eseguite dal 24 ottobre, assume rilevanza la data di ricevimento della fattura da parte del cliente. Così, per i beni consegnati dal 24 ottobre, la fattura può essere emessa il 15 novembre e i 30 giorni decorrono dal 30 novembre; quindi il pagamento deve avvenire entro il 29 dicembre, o il 28 gennaio se i prodotti non sono deteriorabili.
Sul fronte sanzioni mancano ancora le linee guida dell’Antitrust: per cui questo aspetto potrebbe diventare operativo non prima della primavera 2013.
Le nuove regole
01 | LE NOVITÀ
Le compravendite di prodotti agricoli e alimentari sono regolate dal 24 ottobre 2012 dall’articolo 62 del Dl 1/2012. Le nuove regole, senza alcune franchigia, sono le seguenti:
– obbligo della stesura del contratto in forma scritta;
– obbligo di rispettare determinati termini di pagamento;
– divieto di pratiche commerciali sleali
02 | LE ESCLUSIONI
Le nuove norme non si applicano in caso di:
– conferimenti di prodotti agricoli e ittici alle società cooperative agricole, comprese le organizzazioni dei produttori di cui il produttore è socio;
– cessioni istantanee e cioè quelle per le quali il pagamento è contestuale alla consegna;
– cessioni nei confronti di privati consumatori
03 | LA FORMA
Il contratto di vendita avente per oggetto prodotti agricoli (allegato 1 al trattato sulla Ue) e alimentari, ovvero quelli destinati a essere ingeriti da esseri umani, deve avere la forma scritta a pena di nullità. Il contratto deve contenere:
– la durata;
– la quantità del prodotto;
– le caratteristiche del prodotto;
– il prezzo;
– le modalità di consegna e di pagamento
04 | LE SCADENZE
I termini di pagamento sono di 30 giorni per i prodotti agricoli e alimentari deteriorabili e di 60 giorni per gli altri prodotti agricoli e alimentari. Tali termini decorrono dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura
Per prodotti alimentari deteriorabili si intendono i prodotti che rientrano in alcune categorie che vengono elencate.
a) prodotti agricoli, ittici e alimentari preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a sessanta giorni;
b) prodotti agricoli, ittici e alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni;
c) prodotti a base di carne che presentino le seguenti caratteristiche fisico-chimiche: aW superiore a 0,95 e pH superiore a 5,2 oppure aW superiore a 0,91 oppure pH uguale o superiore a 4,5; tutti i tipi di latte.
Tale definizione è stata integralmente ripresa dal decreto 13 maggio 2003 emanato a seguito della legge 231/2003 che prevedeva dei termini di pagamento nelle transazioni commerciali per i prodotti deteriorabili.
Poiché tutti i prodotti di salumeria presentano un pH superiore a 4,5, in base alla lettera c) (che fa espresso riferimento ai prodotti a base di carne) sono quindi da considerarsi deteriorabili. Lo stesso dicasi per le preparazioni a base di carni e le carni fresche. Quindi, indipendentemente dalla durata complessiva del prodotto o dal Tmc, ai fini dell’applicazione della disciplina dei termini di pagamento, tutti i prodotti a base di carne, le preparazioni a base dl carne e le carni fresche sono da considerarsi deteriorabili essendo ad essi applicabile la specifica lettera c) del comma 4 dell’art. 62.
A cura Ufficio stampa Sivemp Veneto – Informazioni tratte dal Sole 24 Ore – 23 ottobre 2012 – riproduzione riservata