In attesa dell’approvazione del pacchetto di decreti che dovrebbe riformare in maniera radicale la pubblica amministrazione rendendola più trasparente come stabilito dalla legge delega n. 124/2015, con il documento diffuso solo alcuni giorni fa e adottato all’esito della seduta del 17 dicembre scorso, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, segnala le criticità interpretative e applicative delle disposizioni del Dlgs n. 39/2013 in tema di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi chiedendone la radicale rivisitazione su specifici punti. A tal proposito, peraltro, nel corso del 2015 molteplici sono stati gli interventi dell’Anac che, avendo riscontrato nella prassi diverse difficoltà applicative, soprattutto in sede di verifica e di conseguente esercizio del potere sanzionatorio, aveva manifestato dubbi sulla tenuta dell’impianto normativo di cui auspicava la riforma. Riforma che, in un primo momento, dopo aver udito il Presidente dell’Autorità, la Camera aveva inserito tra le deleghe al Governo insieme al Dlgs n. 33/2012.
Ma che poi, nella versione definitiva della legge n. 124 è stata espunta dall’articolo 7 e rinviata a un successivo, specifico intervento normativo. Tra i punti nevralgici della disciplina l’Anac ha individuato quello dell’automatismo delle sanzioni correlate alla violazione di criteri e requisiti per le assegnazioni in parola, sganciato non solo da ogni valutazione dell’operato del responsabile in contraddittorio col medesimo, ma anche dall’esistenza di profili di colpevolezza dell’autore dell’atto illegittimo (delibere n. 5, n. 66 e n. 67 del 2015).
Le segnalazioni della Conferenza
I rilievi delle regioni, che condividono e fanno propri quelli già sollevati dall’Autorità anticorruzione, si appuntano su due particolari disposizioni del Dlgs n. 39/2013: l’articolo 17, nella parte in cui prevede che gli incarichi conferiti in spregio dei divieti fissati siano nulli insieme ai relativi contratti; e l’articolo 18, che, conseguentemente, prevede che debba risponderne l’organo che li abbia conferiti prevedendo una sanzione patrimoniale e una sanzione politico/amministrativa impedendo loro di assegnarne di nuovi per i successivi tre mesi.
Responsabilità ritenute eccessive e spesso non imputabili al vertice politico atteso che l’istruttoria inerente all’attitudine del designato a ricoprire il ruolo è svolta dagli uffici amministrativi preposti.
Pertanto, a giudizio della Conferenza, l’organo politico subirebbe una sanzione per una scelta che si pone a valle di un iter e di un giudizio di nulla osta di competenza, a monte, di un soggetto diverso rispetto ai quali il primo non partecipa.
Di conseguenza, il correttivo suggerito dovrebbe individuare nel Responsabile della prevenzione della corruzione il preposto a sorvegliare e seguire la procedura di verifica del possesso dei requisiti per la nomina dell’aspirante all’incarico. Procedura la cui istruttoria, però, non sia assegnata agli uffici amministrativi di volta in volta competenti a seconda del contenuto dell’incarico, onde evitare che il coinvolgimento attivo del responsabile anticorruzione possa contaminarne la terzietà di giudizio in sede di controllo.
Naturalmente, poi, il documento invita il legislatore a escludere qualsivoglia responsabilità in caso di dichiarazioni mendaci del designato, nonché a fare espressamente salvi gli atti da quest’ultimo adottati nelle more dell’accertamento della nullità dell’incarico ricoperto.
Il Sole 24 Ore – 20 gennaio 2016