Pubblicato il primo rapporto commissionato dalla UE sull’uso di antimicrobici nell’ambito delle attività di sorveglianza all’antibiotico resistenza. L’Italia presenta consumi molto più elevati della media. Ma molti Paesi non hanno fornito tutti i dati. Sopra di noi per i consumi umani solo la Francia. Per gli animali solo Cipro. Per le cefalosporine ad uso umano siamo al primo posto in assoluto. Un popolo, umano e animale, di consumatori di antimicrobici. Questo risultiamo essere dai dati appena pubblicati del primo rapporto congiunto elaborato dall’European Medicines Agency (EMA), dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e dall’European Food Safety Authority (EFSA). Con 167,5 milligrammi per kilo di biomassa a fronte di una media UE di 116,4 siamo infatti al secondo posto in Europa (prima di noi solo la Francia con 175,8 mg/kg biomassa) per il consumo di antimicrobici sull’uomo e sugli animali
Sull’uomo con 341 milligrammi per kilo di biomassa, a fronte di una media UE di 144, (prima di noi Cipro con 396,5 mg/kg biomassa) per quello sugli animali (i dati sono riferiti al 2012).
Da considerare, comunque che, per quanto riguarda l’uso di antimicrobici umani tra il 10%, espresso in DDD (defined daily doses) per 1.000 abitanti (o il 13-28%, espresso in tonnellate di sostanza attiva) avviene in ospedale e che Austria, Germania, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Spagna e Ungheria non hanno fornito i consumi ospedalieri e quindi il dato potrebbe essere sottostimato.
Tra le varie sostanze le cefalosporine di 3ª e 4ª generazione sono quelle che usiamo più degli altri sull’uomo ponendoci in vetta ai consumi europei con 45,6 mg/kg di biomassa. Più basso invece il consumo di quelle di 1ª e 2ª generazione con 15,4 mg/kg di biomassa. Sopra di noi la Germania con il 39,3 e la Polonia con il 20,1 (da notare che questi due Paesi non hanno però fornito il dato ospedaliero e quindi il consumo potrebbe essere ancora più elevato) e la Francia con il 18,7.
Come è noto l’uso di alcuni agenti antimicrobici, sia nell’uomo che negli animali, si associa alla comparsa di una resistenza contro questi antibiotici da parte di batteri che possono dare infezioni sia nell’uomo, che negli animali. E come abbiamo visto esistono notevoli differenze nel consumo di antibiotici, a livello umano e veterinario, tra le diverse nazioni dell’Unione Europea.
Il rapporto congiunto riassume per la prima volta in un’analisi integrata con tutti i dati disponibili relativi a studi sull’uomo, sugli animali e sul cibo. E’ questo il primo di una serie di rapporti che EMA, EFSA e ECDC hanno in programma di pubblicare, utilizzando i dati raccolti da diverse reti di monitoraggio.
Il rapporto descrive il consumo di antibiotici e la comparsa di antibiotico-resistenza nei batteri patogeni per l’uomo e per gli animali dai quali si producono alimenti.
Sono state inoltre individuate una serie di limitazioni da correggere, per consentire di trarre ulteriori analisi e conclusioni; è il caso ad esempio dei dati sul consumo di antibiotici per specie animale, dell’impiego di antibiotici negli ospedali (dove abbiamo visto mancano i dati di ben 7 paesi) e del monitoraggio dei batteri resistenti nella flora batterica normale delle persone sane e del pazienti.
Quest’indagine è stata effettuata su esplicita richiesta della Commissione Europea e contiene dati relativi al periodo 2011-2012, provenienti da cinque reti di monitoraggio europee, che raccolgono informazioni dagli stati dell’Unione Europea, oltre che da Islanda, Norvegia, Croazia e Svizzera.
L’approccio ‘olistico’ utilizzato in questa indagine mira ad utilizzare in maniera più efficace i dati disponibili e a rafforzare i sistemi coordinati di sorveglianza sul consumo di antimicrobici e sulle antibiotico-resistenze in medicina umana e veterinaria, al fine di consentire ai decisori politici di adottare le migliori strategie per combattere l’antibiotico-resistenza nell’uomo e negli animali.
Nel 2012 in 26 nazioni dell’Unione Europea sono state vendute 3.400 tonnellate di principi attivi antimicrobici per uso umano e 7.982 tonnellate da impiegare negli allevamenti di bestiame.
In generale, il consumo dei fluorchinoloni e delle cefalosporine di 3° e 4° generazione è molto comune nell’uomo, mentre è da rilevare un importante impiego di alcuni antibiotici negli allevamenti animali; nell’uno, come nell’altro caso, sono emerse associazioni tra il consumo degli antimicrobici e la comparsa di antibiotico-resistenza in alcuni batteri patogeni per l’uomo (Escherichia coli). E’stata inoltre riscontrata un’associazione positiva tra somministrazione di macrolidi ad animali fonte di cibo e la comparsa di resistenza a Campylobacter spp., in alcuni casi di infezione umana. Analogamente è stata riscontrata una correlazione tra consumo di tetracicline e comparsa di resistenza a Salmonella spp. and Campylobacter spp.
Sebbene questi dati possano sembrare allarmanti, gli autori invitano alla prudenza per gli attuali limiti inerenti alla raccolta dati e per la complessità del fenomeno dell’antibiotico-resistenza, influenzato da una serie di fattori oltre che dal consumo di antibiotici. Di certo e in ogni caso, è necessario promuovere un uso responsabile degli antibiotici nell’uomo e negli animali.
Maria Rita Montebelli – Quotidiano sanità – 2 febbraio 2015