M4 (Gené per gli amici) non è un orsetto qualunque. Supera i due quintali, è giovane, forte, in pieno periodo degli amori, ma ha già avuto a che fare con gli uomini anche in passato. Li conosce, non familiarizza e riesce perfino a dribblare le loro trappole. Da qualche mese si sposta per l’altopiano di Asiago. Di malga in malga.
E di certo non per un giro turistico alla scoperta dei sapori tipici. Anzi, in un certo senso sì. Ormai i capi di bestiame uccisi sono 13 (un vitello, due manzette e per il resto capi anziani). Uccisioni «seriali» che hanno velocizzato il via libera della Regione alla sua cattura.
Da ieri notte gli uomini del corpo forestale di Asiago gli stanno alle costole. Lo cattureranno «a scopo di dissuasione». Che nella pratica vorrà dire una cosa sola. Una decina di loro si piazzerà poco lontano dalla «trappola» creata ad hoc con un laccio e pernotterà lì, aspettando Gené. Poi sarà un attimo. Da quando l’allarme vibrerà nel monitor del fuoristrada al buio, per loro inizierà una corsa contro il tempo. Avranno 20 minuti per sparargli una fiala di anestetico, scendere dall’auto e applicargli il collare a Gps. Un marchingegno che permetterà di seguirlo passo dopo passo nelle prossime settimane. Non solo. Visto il carattere «problematico» dell’animale, le guardie forestali al suo risveglio gli spareranno pure qualche proiettile di gomma e faranno partire un mini inseguimento con due cani Laika della Siberia, abitualmente usati per la caccia all’orso. Qualche morso alle zampe, un po’ di paura. Con l’obiettivo che M4 decida di allontanarsi dall’altopiano.
Quella che sembra la sequenza di un film è invece ormai realtà nelle zone sopra Asiago. Tra le strade che si snodano nei boschi percorse dagli escursionisti, coi ciclisti che arrancano nell’ultimo chilometro prima di passo Vezzena. Lì, tra le malghe, accanto alle rivendite dell’Asiago dop in cui i gestori ti aprono la porta con la camicia scozzese e l’accento forte, si muove Gené. Si sposta nel buio, avvicina il bestiame, se ne ciba a volte. Altre volte scappa, se disturbato. Nei giorni scorsi contro di lui si sono scagliati gli allevatori. Che ne hanno chiesto a gran voce la cattura, insieme al sindaco, Roberto Rigoni Stern. «Ha fatto danni pesanti, serve un intervento immediato – diceva ieri in mattinata il sindaco – anche perché altrimenti rischiamo. Qui o lo prendono o qualcuno degli allevatori gli spara veramente».
«Non ci si muove a braccio, ci sono dei protocolli da seguire — spiega Daniele Zovi, il capo del corpo della forestale regionale — abbiamo avuto il via libera dalla Regione proprio perché in questo momento all’alpeggio ci sono più di 5000 capi di bestiame che non possono essere protetti in nessun modo. Ora siamo pronti ad agire». Con lui c’è Marina Bizzotto, comandante provinciale, che coordina gli uomini di Asiago. M4 è lo stesso orso avvistato sul monte Baldo nelle scorse settimane. A confermarlo sono le analisi genetiche dell’Isprar di Bologna fatte sul pelo prelevato dai forestali. Ma Gené sarebbe arrivato dal Trentino Alto Adige anche se per ora non sembra aver nessuna intenzione di rientrarvi. «Qua xe rivà, xe ndà via drito sensa far maeagrassie e xe ‘nda su a Campo Mandriolo ». Toni Rutzer ha più di 70 anni e da 35 vive a 1700 metri, a malga Manazzo, a neanche 3 km dalla malga di Campo Mandriolo dove M4 ha ucciso diversi capi di bestiame. Lui, l’orso, l’ha visto negli occhi l’altro giorno. «Ero fuori dalla malga, guardavo di là – dice, indicando un confine incerto col nulla che comincia, verdeggiante, ad un passo da lui – ci siamo guardati negli occhi, ha girato un paio di volte la testa e se ne è andato. El saveva che no ghe fasevo niente ». La cucina di Toni è una di quelle in cui anche entrando ad occhi chiusi riconosceresti la montagna. C’è la legna che scoppietta nella stufa, il tavolo coperto da una tovaglia a quadratini. E poi c’è lui, 70 anni passati tra i monti e una salute di ferro. Ogni giorno sale a Campo Mandriolo, controlla il bestiame per il suo amico. E degli animali non ha paura, mai.
A neanche 10 km c’è l’hotel Vezzena, proprio sul passo. Lì l’altra mattina, alle 5.28 Gené è passato tra i tavolini del bar. I proprietari se ne sono accorti per caso. Nelle immagini scattate dalle telecamere si riconosce nitidamente la sagoma. «Non ci pareva vero – dice il direttore Graziano Meneguzzo – paura? No, nessuna. Anzi». E l’«anzi» stavolta ci sta tutto, visto che Meneguzzo e la sua famiglia, dell’orso hanno fatto un brand. Sui tavolini pronti per il pranzo le tovagliette dell’hotel Vezzena hanno cambiato look. Un «Benvenuto orso» campeggia al centro, insieme alle foto scattate in sequenza dalle telecamere. «Stiamo lavorando per proporci come l’hotel dell’orso — ride Meneguzzo — marketing? Un po’ sì. Visti i problemi col turismo si prova di tutto». La porta in legno si apre. Un signore con una maglietta rosa, l’accento della bassa e un paio di jeans corti entra. «Ma questa si può tenere?» sventola la tovaglietta. «Sì, ma costa 1 euro» rispondono.
Alice D’Este – Corriere del Veneto – 8 luglio 2014