Assalti dei lupi in Lessinia. Oltre 50 capi uccisi quest’anno. E cala il bestiame nelle malghe. Gli allevatori: «Abbandonati dalla Regione»
Quaranta capi predati nella Lessinia veronese, altri undici sul versante trentino, per un totale di 51. Ecco il conto presentato dai lupi alla chiusura dell’alpeggio. Eppure non è questo il dato che preoccupa di più gli allevatori, quanto un altro numero: quello dei bovini (e di altri animali da allevamento) arrivati nelle malghe.
Nel 2015, in un anno che ha visto un’estate ideale per l’alpeggio sono stati solamente 3.878, il 30% in meno rispetto al 2014, quando erano stati «caricati» 5.580 capi. Nel 2013, invece, si erano sfiorati i seimila capi (5.933). Psicosi da agguato o paura fondata? «Non diamo tutta la colpa ai lupi – sintetizza Claudio Melotti, sindaco di Bosco Chiesanuova – ci sono anche altre questioni, come il prezzo del latte. Ma il dato evidente è che la nostra economia ci sta rimettendo, mentre non vediamo compensazioni sul fronte del turismo». È il terzo anno che la montagna veronese fa i conti con i lupi, ma il primo, dopo l’exploit del 2014, in cui si può fare un confronto oggettivo. Il branco di Slavc e Giulietta è cresciuto (ora è composto da 15 individui, ma alcuni più grandi potrebbero essersene andati). Le prede non sono aumentate di numero, ma gli episodi sì. Il 2014 si era chiuso con 54 capi predati (solo nel versante veronese), ma al 15 di ottobre contava 29 «blitz» (di cui uno, a Malga Moscarda con dieci vitelli uccisi), contro i 35 di quest’anno. E assieme ai capi uccisi rimane la rabbia degli allevatori. «Per noi non è cambiato nulla, siamo stati completamente abbandonati dalla Regione – accusa Silvana Fasoli, dell’associazione Tutela della Lessinia – l’inverno scorso abbiamo tenuto mensilmente incontri con i responsabili del progetto Wolfalps, giungendo ad accordi ben precisi, previsti dalle leggi europee». Tra questi: contributi per sistema di protezione delle malghe e la promessa, da parte di Venezia, di prendere in carica fin da subito il costo di smaltimento delle carcasse. «È finita – aggiunge un allevatore, Marcello Casetta – che l’unico che ha provato a costruirsi una recinzione, l’ha fatto con i propri soldi, e ha perso il 30% della produzione, a causa delle difficoltà che le mucche hanno avuto a pascolare».
Il punto della situazione è stato fatto, ieri mattina, dai sindaci dei comuni della Lessinia: oltre a Bosco, Roverè, Cerro e Velo Veronese, Erbezzo e Sant’Anna d’Alfaedo. «Non sono stati solo gli animali da stalla a farne le spese – ha sottolineato Fabio Erbisti, sindaco di Roverè – ma anche la fauna selvatica, in diminuzione». Ha aggiunto Lucio Campedelli, primo cittadino di Erbezzo: «Alcuni episodi sono avvenuti in contrade abitate. Preoccupante». Brucia anche la questione rimborsi: per il 2015 non si sono ancora visti soldi. In Trentino, la Provincia riesce a ripagare nel giro di poche settimane.
Davide Orsato – Il Corriere di Verona – 18 ottobre 2015