di Daniele Ferrazza. La politica è scelta. E le scelte sono sempre soggettive. Ma la bozza di bilancio di previsione della Regione del Veneto (17 miliardi di euro, di cui 13 miliardi realmente spendibili senza partite di giro, 8,3 dei quali destinati solo alla gestione del sistema sanitario) che sta per concludere il tour dei pareri delle commissioni (martedì pomeriggio tocca alla quinta) sta per essere sottoposta al setaccio dentro la maggioranza Lega/Pdl.
Soprattutto dopo lo spacchettamento dell’ex Pdl in tre gruppi diversi (i capigruppo ora sono Giancarlo Conta, Leonardo Padrin e Dario Bond). Secondo i più «renziani» di questi l’ultimo bilancio della legislatura dovrebbe cercare di fare qualche scelta più coraggiosa (l’ospedale di Padova?), tagliando dove bisogna e rinunciando a qualche marchetta elettorale. Più facile a dirsi che a farsi. Perché come si fa, in questo momento, a rinunciare ai 150 mila euro destinati ad «attività di analisi a supporto del federalismo fiscale»? Oppure ai 50 mila euro da mettere nella «partecipazione alla Fondazione di diritto privato per favorire lo sviluppo e la diffusione della cultura nella provincia di Rovigo»?
Del resto, anche gli 800 mila euro previsti per «azioni a favore delle associazioni combattentistiche d’arme e delle forze dell’ordine» sembrano indispensabili. Basterebbe allora cambiare il nome del capitolo da 700 mila euro («Trasferimenti a favore di veneti nel mondo e per agevolare il loro rientro») e destinare quei soldi a «trattenere» i centinaia di giovani laureati che se ne vanno?
Suonano autentica beffa i due milioni di euro che la Regione deve pagare alle associazioni di allevatori per la «tenuta dei libri genealogici e svolgimento dei controlli funzionali» sull’anagrafe del bestiame. Poi c’è il capitolo protezione civile: 3 milioni per i mezzi, 2 milioni di contributi agli enti locali, 800 mila alle associazioni locali. Se spendissimo solo la metà per mettere in sicurezza il territorio avremmo meno bisogno di fiammeggenti divise e lucidati mezzi speciali con il marchio dell’assessore di turno. In tempi di «Prima i veneti» non si capisce perché spendere 450 mila per la valorizzazione del patrimonio culturale di origine veneta in Istria e Dalmazia? E se dobbiamo fare revisione di spesa, perché 400 mila euro per l’identità veneta e 300 mila per la tutela del patrimonio linguistico, 350 mila euro per ricordare le iniziative di personalità venete di prestigio, 300 mila per le piccole sale cinematografiche? Meglio accorpare e scegliere un progetto all’anno: meno burocrazia, tempi più rapidi. E perché i Palii del Veneto hanno a disposizione 150 mila euro e l’Istituto Ville Venete solo 100 mila?
Appena poco di più dei maestri di sci (80 mila) e delle guide alpine (60 mila). In fondo, nella migliore tradizione, 30 mila euro non si negano a nessuno: neanche al prestigioso Premio letterario Settembrini né alla Fondazione Italia-Cina. Ma così dove andiamo?
Il Mattino di Padova – 16 febbraio 2014