È il giorno del trionfo per Massimo Bitonci, neo sindaco di Padova, vittorioso col 53,5% sul candidato democratico Ivo Rossi, erede di Flavio Zanonato e “reggente” dopo l’addio alla città dell’ex ministro di Letta, un anno fa. Nel centrodestra affaticato dal tramonto della parabola berlusconiana, è il Carroccio ad avere la meglio.
A cominciare da Padova appunto, dove il segretario della Lega Matteo Salvini annuncia che si terrà il 20 luglio il congresso che mette il Carroccio al centro della rinascita del centrodestra. Del resto lo stesso Silvio Berlusconi ha spiegato che i leghisti sono interlocutori privilegiati, primi nella lista dei possibili alleati. Unica forza in grado di incarnare il rinnovamento che ancora manca a Forza Italia per fronteggiare Matteo Renzi. Bitonci, abbracciato dai cittadini e incoronato dal governatore del Veneto Luca Zaia in piazza delle Erbe, ne pare l’emblema.
Bitonci, la Lega vince. Forza Italia no. Il centrodestra rinasce da voi?
«Certamente con Zaia nasce un asse, in Veneto. A servizio prima di tutto dei cittadini. Ma la mia era comunque una alleanza ampia».
D’accordo, ma è un sindaco leghista ad aver battuto il Pd. Mentre altri forzisti, come Cattaneo a Pavia, hanno perso. Come si fa a rimettere insieme il centrodestra dopo Berlusconi? Lei è favorevole alle primarie?
«Le primarie per me sono state il primo turno, e hanno funzionato. Io penso che le primarie non vadano bene se diventano un “giochetto”, un modo per far emergere e magari mandare in Parlamento persone che non sono mai state nemmeno in un consiglio comunale ».
E allora dica lei come si rinnova il centrodestra.
«Serve un cambiamento che sia radicato nei territori, e senza lo specchietto per le allodole della società civile. Non c’è nulla di peggio della cosiddetta “società civile”. Servono persone e amministratori capaci, abituati al contatto con le persone ».
Molti pensano che Berlusconi non vada più bene come leader. Non sarebbe meglio Salvini a questo punto?
«Salvini è bravissimo».
Lei ha sconfitto il Pd dopo vent’anni a Padova. Come se lo spiega?
«La gente era stanca, voleva un cambiamento. Io ho chiamato la vittoria una “liberazione”, non a caso».
Renzi non era sufficiente come cambiamento?
«Ma quello di Padova non c’entra nulla con il Pd di Renzi. Qui governa la vecchia nomenclatura legata dell’ex sindaco Flavio Zanonato. Chieda in giro: in consiglio comunale non hanno messo neanche un renziano ».
Che fa, difende Renzi ora?
«No, ma ora sento dire in giro che la sconfitta sarebbe colpa del candidato del Pd, Ivo Rossi. Lo reputo un amministratore competente e lo incontrerò presto. Non è giusto dire che è colpa sua. Credo che sia colpa di un sistema che non è cambiato, a Padova, e di cui la gente s’è stancata».
E lo scandalo Mose, non ha contato sulla sconfitta del Pd? Lei ha picchiato duro su questo tasto.
«Sicuramente l’arresto del sindaco di Venezia, del Pd, ha avuto un suo peso. Anche uno dei consulenti del Comune di Padova, Francesco Giordano, è stato arrestato per il Mose. Penso però che le questioni nazionali arrivino fino a un certo punto. Io ero a una incollatura da Rossi anche prima dello scandalo. Contano le questioni locali. In primis il problema della sicurezza e degli immigrati».
Però Renzi non è venuto a far campagna elettorale qui a Padova.
«Forse ha visto i sondaggi. Il Pd li faceva. Noi non avevamo soldi da spendere così. Anche perché i sondaggi, diciamoci la verità, non c’azzeccano mai».
Repubblica – 10 giugno 2014