Boom delle pensioni di anzianità nel 2015. Crescita del 108% nei primi sei mesi per effetto della finestra introdotta dalla legge Fornero
Luisa Grion. E’ boom delle pensioni di anzianità, ma è solo un altro effetto della riforma Fornero. Nel primo semestre di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2014, le erogazioni degli assegni legati alla anzianità contributiva hanno registrato un’impennata del 108 per cento. Sono passate da 33.323 a 69.343, mentre sono rimaste sostanzialmente stabili quelle di vecchiaia (69.880).
Un’esplosione di cui dà conto l’Osservatorio dell’Inps, spiegando però che l’impennata nasce da uno sblocco delle condizioni che avevano rimandato fino ad oggi la liquidazione di parte degli assegni. Ovvero all’innalzamento dell’età pensionabile varato con il decreto SalvaItalia del dicembre 2011. Erano i mesi dello spread alle stelle e fra i vari interventi d’urto varati dall’allora governo Monti ci fu sia l’inasprimento dei requisiti necessari per lasciare il lavoro prima dei limiti di vecchiaia, sia l’innalzamento di quello stesso limite.
Ora, infatti, per le pensioni anticipate (così viene definita l’anzianità di allora) sono necessari 42 anni e sei mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e sei mesi per le donne (nel 2016 è previsto un ulteriore aumento di quattro mesi). Fino al SalvaIalia la pensione di anzianità veniva invece assicurata da un sistema di quote mixate fra anzianità contributiva ed età anagrafica, oppure dal raggiungimento dei 40 anni di contributi versati.
L’applicazione della riforma dunque, per molti lavoratori ha spostato in avanti i termini per aver diritto all’assegno. Chi allora non riuscì ad agganciare i requisiti, li sta maturando ora. Ecco quindi spiegati i motivi di quello che può essere definito un atteso «rimbalzo».
L’Inps segnala che la tendenza all’aumento degli assegni legati all’età contributiva è misurabile sia fra i lavoratori autonomi ( dove si registra un picco fra gli artigiani) che fra i dipendenti e che l’aumento si è visto anche nella cosiddetta «opzione donna». Ovvero la possibilità per ora prevista per le lavoratrici in via sperimentale fino alla fine 2015- di poter andare in pensione prima accettando di applicare solo il calcolo contributivo, quindi con un effetto-taglio del 20 per cento sull’assegno. Oggi l’importo medio delle pensioni anticipate, secondo i dati Inps è di 1.916 euro, (1.765 euro nel 2014, anno nel quale le pensioni anticipate erogate erano state 84.322 in tutto).
L’effetto è legato ad una riforma che ormai in molti chiedono di modificare. I sindacati, per esempio, sono uniti nel chiedere interventi su almeno tre punti essenziali della legge Fornero: flessibilità in uscita senza penalizzazioni, ridefinizione dei lavori usuranti (non sono previsti trattamenti di favore, per esempio, per la categoria degli edili) e soluzione del non ancora concluso caso esodati.
Di flessibilità in uscita per chi va in pensione,di fatto, ha parlato nei giorni scorsi lo stesso governo, anche se il premier Renzi ha ribadito la necessità di introdurla «con un occhio ai conti ». La questione centrale resta infatti il bilancio: i costi, si spiega, potrebbero essere contenuti entro i 2-3 miliardi, con penalizzazioni che potrebbero però partire dal 3-3,5 per cento per arrivare oltre l’8.
Repubblica – 21 luglio 2015