E’ iniziato – con quasi due ore di ritardo rispetto all’orario inizialmente previsto – l’incontro tra le Regioni guidate dal presidente Sergio Chiamparino e il governo rappresentato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti. Protagonisti i fondi 2016 per la Sanità: il documento elaborato dalle Regioni ricorda che «il sistema sanitario non è in grado di reggere tagli superiori al 50% dell’incremento del livello di finanziamento».
«Ho il terrore che si tagli ancora la sanità», ha sottolineato Luca Zaia, presidente del Veneto, riguardo all’eliminazione dell’Imu e all’assicurazione della copertura dei costi ai Comuni annunciate dal premier. «Giovedì avremo la Legge di stabilità. Andremo a vedere quali saranno le risorse per il Veneto. Io le promesse che Renzi è venuto a fare anche a Treviso le sottoscrivo tutte – ha detto Zaia – ma dove va a prendere le risorse? Quando vai a dire ai cittadini che eliminerai l’Imu devi essere corretto fino in fondo, ammettendo che l’Imu l’hai messa tu. Non è che adesso si può fare la standing ovation per uno che ti dice che toglie l’Imu che ha messa lui. Ho il terrore che si tagli la sanità». Zaia ricorda che «il Governo ha tagliato il 35,5% delle risorse agli enti locali, dai Comuni, alle Province e alle Regioni, mentre è stato più generoso con i ministeri. Premesso che alcune Regioni sono tecnicamente fallite, per cui dovrebbero essere chiuse, io chiedo – continua Zaia – perché si è tagliato solo il 12% della spesa dei ministeri, mentre si poteva procedere a man bassa. Se applicassimo i costi standard, infatti, avremmo un risparmio di 30 mld di euro. Ma Renzi non lo farà mai, perché il Sud insorge».
A due giorni dal varo della seconda legge di Stabilità di Renzi-Padoan è caccia alle risorse e nel mirino ci sono 2 miliardi di sanità. Fino ad oggi le misure annunciate dal governo, tutte indirizzate allo sviluppo, alla riduzione delle tasse e al sostegno della povertà non hanno trovato particolari resistenze.
Ma dentro la spending c’è anche il fronte-sanità, già reso rovente dall’operazione sulla diagnostica: è qui che si cercano un paio di miliardi ed è per questo che le Regioni hanno chiesto un vertice a Palazzo Chigi per oggi. Sul piatto ci sono ancora da definire alcuni passaggi cruciali. In primis è necessario trovare un’intesa sulle modalità con cui le Regioni assorbiranno il taglio di circa 2,2 mld che deriva dalla finanziaria del Governo Monti. Poi c’è da stabilire a quanto ammonterà l’incremento del Fsn nel 2016, considerando che servono consistenti coperture per i farmaci innovativi e per la revisione dei Lea. In questo senso la Conferenza è pronta “a scendere sotto i 3 mln previsti” anche se “il mld ipotizzato è assolutamente insufficiente”. A centro della discussione ci sarà poi il decreto appropriatezza che tanti malumori ha scatenato tra i medici, pronti a mobilitarsi. In particolare bisognerà chiarire gli aspetti relativi alle sanzioni, ai risparmi attesi e alle modalità applicative.
Il premier ha sempre detto che il fondo sanitario aumenterà a 111 miliardi nel 2016, ma sulla parola «aumento» i governatori non sono d’accordo perché, secondo quanto stabilito a luglio dall’intesa Stato-Regioni, si aspettano 113 miliardi (6,7 per cento del Pil come dice il Def ). Hanno bisogno di denari per i contratti dei medici e del personale sanitario: il mancato aumento si tradurrebbe in tagli. Un piano c’è: riguarda l’efficientamento della gestione degli ospedali (quelli in rosso sarebbero chiamati a rientrare), la nomina dei manager delle Asl andrebbe ad una agenzia, sconto del 4 per cento sull’acquisto di beni e servizi, tetto del 4,4 per cento all’acquisto di macchinari per la diagnostica, ulteriori riduzioni delle Asl e degli ospedali(sono scese da 347 a 225 dal 1995).
Le misure
«Meno tasse», ha ripetuto Matteo Renzi e l’obiettivo sembra a portata di mano: 4-5 miliardi per togliere la Tasi per la prima casa (anche a ville castelli), superammortamenti per le imprese modello Macron e impegno per l’Ires, riconversione del bonus da 80 euro in vera e propria deduzione in modo da risultare evidente dal calcolo europeo della pressione fiscale, sterilizzazione dell’aumento Iva. Nuove risorse anche per la Terra dei Fuochi in vista di un ulteriore intevento di bonifica voluto da Palazzo Chigi.
Si aggiungono misure per l’occupazione: la decontribuzione del Jobs act rimarrà anche se sarà tagliata a metà nel 2016 e ridotta ad un quarto nel 2017. Ossigeno anche alla contrattazione aziendale con il rinnovo del salario di produttività (Irpef sostitutiva del solo 10 per cento), azioni ai dipendenti e voucher per il welfare aziendale. Sguardo ai poveri e alle diseguaglianze, come dice il premio Nobel Angus Deaton: un bonus da 100 a 400 euro per 500 mila famiglie povere e un milione di bambini in provata indigenza.
Tutto, comprese le spese inderogabili, le missioni militari e tanto altro, per arrivare fino a 28-30 miliardi. Troppo tant’è che lo stesso Renzi, l’altra sera ha fatto retromarcia sulla flessibilità delle pensioni che pure aveva perorato e che non può farsi a «costo zero». Ma nonostante ciò la lista della spesa resta pesante. Il tema rimasto in ombra, oggetto degli ultimi contatti tra Renzi e il ministro dell’Economia Padoan anche ieri a Palazzo Chigi in occasione del consiglio dei ministri, riguarda il fronte dei tagli. La strategia punta molto sulla crescita, e sul relativo aumento di gettito fiscale: l’obiettivo è a 1,6 di Pil nel 2016, più dello stesso Fmi che pure nei giorni ha elevato le proiezioni sulla nostra economia che sta comunque trotterellando nonostante il clima internazionale. L’altra operazione è quella dei margini di flessibilità europei sui quali, per le coperture, conteremmo per quasi un punto di Pil, circa 16-17 miliardi: per averli dobbia- mo fare riforme, spendere i soldi europei per gli investimenti, ottenere il semaforo verde per la clausola-migranti. L’aria non è delle migliori: ieri sono piovute bacchettate anche sulla Spagna e l’Italia dovrà dimostrare di aver fatto nuove riforme (da verificare se «varranno» legge elettorale e Costituzione) per avere diritto ad uno 0,1 per cento di deficit in più; dovrà inoltre presentare accurati programmi di spesa e «scontrini» per beneficiare del bonus di 4,8 miliardi; mentre assai più difficile sembra lo scomputo delle spese per sostenere l’emergenza immigrazione. Se tutto dovesse andare bene il deficit salirebbe al 2,4 per cento del Pil senza incappare nelle rampogne della Commissione che attende già in settimana il testo della legge di Stabilità 2016 per passarla al setaccio.
L’altra posta «a copertura» è la galassia della spending review: non più 10 miliardi ma 6-7 che dovrebbero far perno sulla spesa di beni e servizi (circa 2,5 miliardi), sulle riduzioni delle spese nei ministeri (1 miliardo), su pezzi della legge Madia (prefetture, Guardia forestale, dismissione scatole vuote partecipate dagli enti locali).
Ma dentro la spending c’è anche il fronte-sanità, già reso rovente dall’operazione sulla diagnostica: è qui che si cercano un paio di miliardi ed è per questo che le Regioni hanno chiesto un vertice a Palazzo Chigi per oggi. Il premier ha sempre detto che il fondo sanitario aumenterà a 111 miliardi nel 2016, ma sulla parola «aumento» i governatori non sono d’accordo perché, secondo quanto stabilito a luglio dall’intesa Stato-Regioni, si aspettano 113 miliardi (6,7 per cento del Pil come dice il Def ). Hanno bisogno di denari per i contratti dei medici e del personale sanitario: il mancato aumento si tradurrebbe in tagli. Un piano c’è: riguarda l’efficientamento della gestione degli ospedali (quelli in rosso sarebbero chiamati a rientrare), la nomina dei manager delle Asl andrebbe ad una agenzia, sconto del 4 per cento sull’acquisto di beni e servizi, tetto del 4,4 per cento all’acquisto di macchinari per la diagnostica, ulteriori riduzioni delle Asl e degli ospedali(sono scese da 347 a 225 dal 1995). Verrà naturalmente in soccorso l’evasione: dalla voluntary disclosure e da altre misure arriveranno 3,5 miliardi, dai giochi altre risorse. Giovano operazioni come quella della Poste: circa 3,5-4 miliardi che dimostrano come il passo sulle privatizzazioni non si è fermato. Ma la partita è aperta.
Da Sole 24 Ore sanità, Quotidiano sanità e Repubblica – 13 ottobre 2015