Roberto Turno. Ci proveranno e insisteranno ancora fino all’ultimo secondo utile. Ma finora, mentre le lancette stanno per arrivare all’ultimo giro, non sono riusciti a spuntare un cent in più per asl e ospedali. Che nel 2016 potranno contare su 111 miliardi, uno in più di quest’anno ma 2,3 in meno di quanto si prevedeva. Questione di ottimismo (renziano) o di pessimismo (regionale e della ministra). Nell’incontro al vertice (ma senza il premier e Padoan) sulla manovra con Lorenzin e il sottosegretario alla presidenza De Vincenti , i governatori sono tornati con un pugno di mosche, almeno per la partita che più sta loro a cuore: la sanità. Ma hanno strappato dal Governo l’attenzione, quanto meno la chance, che proprio all’ultimo miglio di questa faticosa messa a punto della legge di Stabilità 2016, spunti almeno in parte una marcia indietro su altri tagli extra sanitari ereditati dal Governo di Mario Monti.
Che si trascineranno ancora il prossimo anno: valgono 2,2 miliardi e si sta studiando il modo per attutirli. Gli sherpa dei governatori e quelli di Padoan sarebbero già al lavoro e, tra le ipotesi, per limare il taglio è spuntata l’ipotesi di rinegoziare i bond locali per trasformarli in Btp. Operazione non semplice, che secondo le prime stime potrebbe valere circa un miliardo di risparmi. Per le regioni sarebbe un piccolo (ma non troppo) toccasana.
Anche per questo ieri i governatori, a partire ovviamente dalla vice segretaria dem Debora Serracchiani (governatrice del Friuli) hanno sparso cauto ottimismo di fronte alle aperture, ancora del tutto teoriche, del Governo.
D’altra parte a spingere per una soluzione che consenta di superare ancora almeno di qualcosa l’asticella dei 111 miliardi, è stata nuovamente la ministra Lorenzin. Che ha ricordato la mina dei nuovi contratti, quella dei Lea che costeranno almeno 900 milioni in più (ma a cui le regioni senza aumenti sostanziosi non concederanno), il finanziamento dei farmaci innovativi, la grana della sanatoria dei precari in sanità. Sul piatto la proposta di portare il Fondo «almeno» a 111,5 miliardi, in pratica 500 milioni in più. Oltre a quanto si riuscirà a grattare dei tagli extra sanitari da 2,2 miliardi.
Insomma, grandi movimenti sotto il cielo della sanità pubblica. Con Sergio Chiamparino (Piemonte, rappresentante dei governatori) che intanto ha rilanciato: servono almeno 2 miliardi, come dire che andrebbe bene toccare quota 112 miliardi per asl e ospedali. Mentre il ligure Giovanni Toti ha fatto capire che se aumento ci sarà, saranno solo «briciole». «Timide aperture», ha frenato del resto per il Pd anche Enrico Rossi (Toscana).
L’ossatura della manovra, finanziamenti a parte, sembra però più o meno delineata. In primo piano i piani di rientro triennali per gli ospedali in rosso e i risparmi fino a un miliardo per gli acquisti. Il “fondino” per le regioni virtuose sarà definito si pensa al momento del riparto dei fondi 2016 mentre la manovra darà già un input per i costi standard. Più di qualche punto interrogativo resta invece ancora sui nuovi “tetti” della farmaceutica, con lo spinoso capitolo dei farmaci innovativi che ieri è stato anche occasione di discussione con De Vincenti. Ma Renzi sui farmaci non la vede come i governatori. Mentre il nuovo Prontuario è stato appena rifatto dall’Aifa e pubblicato in «Gazzetta». Tutti sono in attesa di fare le valutazioni dell’impatto finanziario. E di capire “quanto, se e come” sarà tolto o aggiunto agli italiani per curarsi con pillole e affini.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 14 ottobre 2015