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Bufera sul capo dei veterinari dell’Asp sotto inchiesta per concussione

Bufera sul capo dei veterinari dell’Asp sotto inchiesta per tentata concussione. Un imprenditore accusa Giambruno. Dieci gli indagati.

I pm adesso indagano sul vertice dell’ufficio veterinario di Palermo e su eventuali conflitti di interesse di dirigenti e familiari interessati alle certificazioni. Il filone aperto dopo lo scandalo dei controlli sui bovini affetti da tubercolosi

Le cronache cittadine degli ultimi anni lo citano come il grande fustigatore di imprenditori e commercianti, il paladino della battaglia per i locali pubblici puliti e gli allevamenti sani. Ma adesso la Procura di Palermo gli ha notificato un avviso di garanzia in cui si contesta l’accusa gravissima di tentata concussione. Ieri mattina, i poliziotti della Digos si sono presentati direttamente nell’ufficio di Paolo Giambruno, il direttore del Dipartimento di prevenzione veterinaria dell’Asp. In contemporanea, gli investigatori hanno perquisito anche gli uffici di Carlo Milletarì, direttore del servizio Igiene degli alimenti, che fa capo al dipartimento di Giambruno: pure lui ha ricevuto un avviso di garanzia per tentata concussione. Sotto accusa ci sono i controlli dell’Asp, che secondo i sostituti procuratori Geri Ferrara e Claudia Bevilacqua sarebbero stati pilotati e artefatti. Avvisi di garanzia e perquisizioni sono scattati anche per il dirigente veterinario Nicasio Lodato, il tecnico Angelo Foresta e Filippo Giardina, responsabile dell’Unità operativa del dipartimento veterinario: sono indagati per falso. L’inchiesta è nata dalle dichiarazioni di un imprenditore, che avrebbe raccontato agli investigatori di alcune richieste di mazzette da parte di funzionari dell’Asp, per chiudere un occhio sui controlli in azienda. Così, sarebbero scattate le verifiche, che la settimana scorsa hanno portato a scoprire a Cinisi un allevamento di bovini ammalati di tubercolosi: come anticipato da Repubblica, i magistrati hanno notificato un avviso di garanzia anche al responsabile del servizio veterinario di Carini. Il 31 maggio, il distretto sanitario di Carini dell’Asp aveva assicurato che le 125 vacche cinisare di contrada Margi erano sanissime. Ma ventisette giorni dopo, un capo di quell’allevamento arrivò al macello di Cinisi con una diagnosi preoccupante: Tbc. «È improbabile che un animale sano possa aver contratto la patologia nell’arco di così poco tempo», hanno scritto i sostituti procuratori Ferrara e Bevilacqua nel provvedimento con cui è stato sequestrato in via d’urgenza l’allevamento di contrada Margi. Adesso, le ultime analisi dicono che i bovini ammalati sono 40, e sull’allevamento incombe il rischio di una malattia ancora più grave, la brucellosi. La Procura ritiene che il caso di Cinisi sia solo la punta di un iceberg. Al centro delle indagini ci sono adesso i controlli effettuati negli ultimi mesi dai veterinari dell’Asp. E sembra che i primi sospetti dei magistrati e della Digos siano stati confermati addirittura da alcuni dipendenti della stessa azienda sanitaria, a cui sarebbe stato ordinato di tacere, dietro minaccia di un demansionamento. Ma chi ha intimidito questi dipendenti? Le indagini sono in pieno svolgimento: sarebbe emerso che alcuni familiari di uno degli indagati hanno diverse società che si occupano di certificazioni sanitarie. Come dire, i controlli veterinari sarebbero stati un vero affare di famiglia all’Asp. Al palazzo di giustizia nessuno vuole commentare gli sviluppi dell’inchiesta: ieri mattina, il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, che coordina le indagini sui reati contro la pubblica amministrazione, ha presieduto un vertice con i suoi sostituti Bevilacqua e Ferrara. L’inchiesta è destinata ad allargarsi, gli indagati sarebbero in totale già 10. Nella lista figurerebbero i nomi di altri tecnici dell’Asp impegnati nei controlli. Pure loro avrebbero chiuso un occhio, redigendo verbali di ispezione che secondo la Procura sono falsi. Ma in cambio di cosa? È quello che adesso i magistrati vogliono scoprire.

 repubblica.it – 10 novembre 2011 

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