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Cane portato dal dipendente: per aggressione bambina responsabile titolare

Riconosciuta la colpa della titolare di un agriturismo per le ferite riportate da una ragazzina, azzannata al capo da un pastore maremmano portato nella struttura da un dipendente. A pesare è non solo l’eccessiva tolleranza della donna, ma anche il fatto che quest’ultima non abbia ottemperato al proprio dovere di garantire la sicurezza in quei luoghi.

Ciò che conta, difatti, è il dovere – completamente ignorato – di «garantire la sicurezza dei luoghi» (Cassazione, sentenza 3124/13). Tutto nel volgere di pochi secondi: all’improvviso, in un agriturismo, una ragazzina, pronta per una lezione di equitazione, viene aggredita da un cane. Sono momenti drammatici, perché l’animale, in preda a un raptus, azzanna la ragazzina alla testa, procurandole serie lesioni. Alla fine, però, il cane – un pastore maremmano adulto – viene fermato. Ma, una volta prestate le cure alla piccola vittima dell’aggressione, la questione si sposta sul piano giudiziario. A chiedere ‘soddisfazione’, difatti, sono i genitori della ragazzina, e a finire nel mirino sono la titolare dell’agriturismo e il dipendente che aveva portato l’animale con sé nella struttura. A sorpresa, in primo grado, le tesi accusatorie vengono completamente respinte. A ribaltare la prospettiva, però, provvedono i giudici di secondo grado, che condannano le due persone sotto accusa a provvedere al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Alla base di questa decisione, alla luce dei fatti così come ricostruiti, la considerazione che «libero o legato a una catena che non ne impediva i movimenti, il cane, di notevole taglia, collocato in un luogo ove era prevedibile il transito di persone anche estranee all’azienda, costituiva comunque un pericolo per quanti si trovassero a circolare nei pressi» e di quella «non rassicurante presenza» la titolare della struttura «non si era adeguatamente interessata» pur avendo «l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per impedire che l’animale potesse arrecare pregiudizio a chiunque si trovasse all’interno dell’azienda, nonché di verificare che le direttive dalla stessa impartite fossero rispettate». Evidentemente è sulle spalle della titolare dell’agriturismo che, secondo i giudici, si poggia il ‘peso’ della responsabilità per l’incubo vissuto dalla ragazzina. E questa visuale viene condivisa anche in Cassazione, laddove viene respinto in toto il ricorso della donna, la cui «posizione di garanzia» è collegata a quella di «titolare dell’agriturismo», ove, col suo consenso, il cane «era stato portato dal dipendente». A risultare decisivo è il fatto che la donna «avrebbe dovuto non solo adottare tutte le precauzioni necessarie ad evitare che l’animale potesse recar danno a chiunque si trovasse all’interno della struttura, ma anche accertarsi che le disposizioni impartite fossero puntualmente osservate». Consequenziale è l’attestazione della «responsabilità» della donna, alla quale spettava il compito di «garantire la sicurezza dei luoghi», anche imponendo la collocazione dell’animale «in luogo del tutto precluso al passaggio di estranei». E tale quadro è reso ancor più grave dal fatto che la donna «era perfettamente a conoscenza dell’abitudine» del dipendente di «lasciare il cane libero di circolare, avendo ella stessa ammesso di avere più volte ripreso il dipendente per tale atteggiamento».

Fonte: www.dirittoegiustizia.it – 21 marzo 2013

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