La Commissione Ue presenterà nei prossimi giorni un dossier con tre proposte su come indicare la provenienza degli ingredienti nelle preparazioni alimentari. Le industrie di trasformazione non hanno nascosto la loro contrarietà all’ipotesi di indicare in etichetta la provenienza delle carni. Lo scandalo delle lasagne alla carne di cavallo ha lasciato il segno e ora a Bruxelles c’è chi intende riproporre la necessità di indicare sulle etichette delle produzioni agroalimentari la provenienza delle carni. La prossima settimana, stando ad alcune anticipazioni, l’esecutivo presenterà un dossier nel quale l’argomento sarà nuovamente preso in esame. Già nei giorni passati il commissario alla Salute, Tonio Borg, ha avuto alcuni incontri per discutere il problema, incontri che però non hanno sciolto i dubbi sulla reale intenzione di giungere ad una conclusione di questa complessa materia.
Si dovranno infatti superare molte resistenze in particolare da parte delle industrie di trasformazione, da sempre contrarie all’ipotesi di un’etichetta trasparente. Il rapporto, predisposto dalla Commissione europea, sarà presentato nei prossimi giorni e potrebbe smussare queste “resistenze”. L’obiettivo è quello di offrire una serie di valutazioni sulla fattibilità di diverse opzioni, il tutto da sottoporre come strumento di riflessione e approfondimento ai ministri dei 28 Paesi della Ue e agli europarlamentari, ai quali toccherà poi il compito di prendere una decisione sulla quale basare una proposta legislativa
Tre proposte
Sono tre le ipotesi che il dossier mette a fuoco per giungere all’etichettatura “trasparente”. La prima opzione consente ai produttori e ai distributori di prodotti trasformati la possibilità su base volontaria di indicare in etichetta la provenienza delle carni. Una seconda opzione prende in esame la possibilità di introdurre l’obbligo di indicare la provenienza. L’etichetta, stando a questa seconda opzione, dovrebbe anche precisare in quale percentuale sono presenti carni di provenienza comunitaria o dai Paesi terzi. La terza ipotesi, certamente più restrittiva, introduce l’obbligo di indicare in etichetta il nome dei Paesi dai quali provengono le carni.
Favorevoli e contrari
Già in precedenza Bruxelles ha frenato le proposte legislative che si spingevano in una di queste direzioni. L’Italia, come pure la Francia, appartiene al gruppo di paesi favorevoli alla tracciabilità delle produzioni agroalimentari e dunque è favorevole all’indicazione in etichetta della provenienza delle carni. Ma contro questa ipotesi si muovono altri paesi, come Regno Unito, Germania, Repubblica Ceca, Danimarca. Vedremo chi la spunterà.
Origine in etichetta da salvare, lettera dei deputati a Borg: problema costi non limiti diritti dei consumatori
Diversi deputati del Parlamento Europeo scrivono a Tonio Borg, Commissario UE alla Salute e Consumatori: i costi dell’etichettatura non possono limitare il diritto dei consumatori.
In una lettera infuocata, alcuni parlamentari europei di orientamenti trasversali urlano a Borg, Commissario Europeo alla Salute, hanno dichiarato che evitare di procedere alla etichettatura di origine della carne come ingrediente, sarebbe un inaccettabile schiaffo in faccia ai consumatori.
Recentemente infatti, nel suo studio di impatto, la Commissione aveva pubblicato un proprio orientamento iniziale in merito all’indicazione del country of origine-place of provenance di carni diverse da quella bovina, e della carne usata come ingrediente. Lasciando intendere che il sistema completo di indicazione dell’origine nazionale fosse troppo costoso per le imprese.
Pronta la risposta dei deputati UE: “le aspettative circa l’approvvigionamento alimentare dei consumatori europei sono pienamente legittime e non negoziabili” e “come scelta politica ma anche simbolica, cancellare dalle etichette l’origine delle carni porterebbe ad una crisi del patto di fiducia con i cittadini, che non possiamo accettare. Una volta in più, sarebbe davvero una volta di troppo”.
La polemica non si placa. La linea che diversi attori, anche istituzioniali, stanno cercando di impostare prevede la crisi dell’horsegate come un incidente di qualità ma non di sicurezza alimentare. E intanto c’è chi gioca di anticipo: la Francia fa da precursore con una norma nazionale.
Agronotizie e Sicurezza Alimentare Coldiretti – 25 ottobre 2013