Il medico non deve “fidarsi” di ciò che il paziente dichiara al momento dell’anamnesi, ma deve condurre tutti gli accertamenti possibili in base alle evidenze del suo stato psico-fisico, secondo la Cassazione (sentenza 20904 del 12 settembre) che ha rinviato alla Corte d’Appelo di Roma un ricorso su un trauma con esito negativo in pronto soccorso in quanto il medico aveva seguito più ciò che il paziante ha dichiarato che non accertamenti da lui eseguiti.
Nella sentenza la Corte sottolinea tra l’altro che la mancata esecuzione di quanto prescritto dal servizio di pronto soccorso da effettuarsi nelle 24/48 ore «palesava l’urgenza dell’accertamento, il che rende palesemente privo di diligenza il comportamento successivo della struttura che si concretò nell’eseguire solo un esame radiografico del bacino e dell’anca».
E ancora motivo di «violazione del dovere di diligenza» la Corte lo rileva nel senso che «essendo la prescrizione della Tac relativa di un accertamento più complesso ed esaustivo della ecografia, l’alternativa posta dalla prescrizione fatta il giorno X dal pronto soccorso non concerneva il rapporto fra l’uno e l’altro accertamento e, dunque, la possibilità di fare l’uno o l’altro accertamento, bensì solo la possibilità di procedere ad una ecografia e ad una Tac oppure direttamente ad una Tac».
«L’applicazione del principio della Cassazione mina l’appropriatezza dei percorsi diagnostici, costringendo i sanitari a sottoporre i cittadini a un innumerevole numero di esami» ha commentato la sentenza Massimo Cozza, segretario nazionale Fp-Cgil medici. «Si tratta di un ulterione mattone che completa il muro della medicina difensiva – continua Cozza – per la quale sono stati stimati oltre 10miliardi di sprechi di spesa sanitaria, a danno non solo della serenità dell’operato dei medici, che sono giudicati non diligenti se non prescrivono, ma degli stessi cittadini che si devono sottoporre alle indagini diagnostiche».
«Chiediamo alla ministra della Salute Beatrice Lorenzin – aggiunge il sindacalista – di rompere ogni indugio e di presentare subito una legge sulla responsabilità professionale in sanità, in base al confronto avuto con le organizzazioni sindacali mediche. Vanno definiti in modo completo tutti gli aspetti in gioco, consentendo ai medici e agli operatori sanitari di operare serenamente sulla base di norme eque, chiare e uniformi. Vanno cioè stabilite regole a garanzia dell’uniformità di trattamento dei cittadini e a tutela della professionalità dei medici, troppo spesso esposti a denunce strumentali, alimentate da poderose campagne pubblicitarie».
Il Sole 24 Ore sanità – 20 settembre 2013