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Censurato documentario di Bill Emmott al Maxxi: una figuraccia italiana

Nessuna iniziativa che possa avere “valenza politica” fino a che dura la campagna elettorale. Diventa un caso lo stop alla proiezione al Maxxi di Roma, diretto da Giovanna Melandri, del documentario “Girlfriend in a coma” di Annalisa Piras e con la voce narrante di Bill Emmott, ex direttore dell’Economist. La notizia ha fatto il giro del mondo e la figuraccia internazionale non si è fatta attendere. Leggi l’articolo del Guardian

Il film documentario, basato su una rigorosa ricostruzione dei fatti e dei documenti, racconta il declino italiano, la parabola discendente, le speranze tradite, le possibilità di uscire dalla palude etica e dal disastro socio economico. Il tutto raccontato e girato senza nulla concedere alla facile demagogia e ai toni da comizio, tanto è vero che la pellicola era stata programmata e gli inviti già spediti, senza che alcuno provasse il brivido del proibito.

Perché mai allora esporsi ad una simile figuraccia che ha avuto il solo risultato di sollevare una ondata di indignazione e non solo in Italia, di amplificare l’attesa per il film e, soprattutto, di svelare l’intrinseca stupidità del censore e della censura?

Ma dal Maxxi arriva subito la spiegazione: c’è il rischio che anche una manifestazione culturale possa connotarsi di valenza politica nell’imminenza del voto. Specie se sono coinvolti in prima persona personaggi politici di spicco e in corsa per le politiche, come Silvio Berlusconi. «Il Maxxi è un’istituzione pubblica nazionale vigilata dal Ministero dei Beni Culturali – è scritto in una nota – e, secondo una prassi consolidata e già attuata in altre occasioni, in campagna elettorale non può ospitare manifestazioni che, seppur promosse da soggetti esterni, a qualunque titolo potrebbero essere connotate di valenza politica». Viene però assicurato che “dal 26 febbraio, finita la campagna elettorale, il Maxxi sarà ben felice di ospitare qualunque manifestazione culturale, inclusa naturalmente la proiezione del documentario di Bill Emmott”.

«Appena qualche giorno fa l’agenzia francese Reporter sans frontieres assegnava all’Italia uno degli ultimo posti in Europa in materia di libertà di informazione – commenta amaro Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21 – da oggi forse potremmo riuscire ad agguantare l’ultimo posto, di sicuro abbiamo già conquistato il diritto alla nomination in un eventuale Oscar da assegnare al censore più stupido».

Intanto Emott e Piras, che per questa vicenda si appellano al Foreign Office britannico e informa l’ambasciatore del Regno Unito in Italia, hanno inviato una e-mail di protesta al presidente Giovanna Melandri, trasmettendola in copia anche al ministro dei Beni culturali Lorenzo Ornaghi. E mentre lo stesso Emmott annuncia “chiederemo al pubblico di insistere per riavere la libertà erosa. Stiamo vedendo le modalità”, la regista Piras invita gli spettatori a “chiedere a Minculpop l’immediato rispristino dello screening”. Sulla vicenda sono intervenuti parecchi giornalisti della stampa estera, come Wolfgang Achtner, già Cnn da Roma, che parla di “gravissimo e ridicolo atto di censura”, mentre John Hooper (The Guardian) si limita a “no comment please, we’re Italian”.

 redazione s.v.3 febbraio 2013 – riproduzione riservata

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