Influenza, scoperti «super-untori». Virus viaggia due metri dai malati
I pazienti più gravi sarebbero i più contagiosi. Secondo gli studiosi a farne le spese sono soprattutto medici e infermieri
MILANO – In piena epidemia influenzale, occhio ai «super-untori»: alcune persone malate d’influenza emettono nell’aria molto più virus di altre, nelle goccioline di saliva rilasciate tossendo, starnutendo o semplicemente respirando. Lo hanno scoperto i ricercatori del Wake Forest Baptist Medical Center, convinti che gli operatori sanitari siano fra le categorie più esposte al contagio. Inoltre è stato scoperto che il virus viene rilevato in maniera tangibile ed infettiva almeno sino a circa due metri dal letto dei malati.
MEDICI E INFERMIERI – Lo studio è pubblicato nell’edizione online del Journal of Infectious Disease. «Il nostro studio fornisce nuove prove che la contagiosità può variare tra i pazienti con influenza, e pone dubbi sulle attuali conoscenze relative alla diffusione di questa malattia infettiva», dice Werner Bischoff, autore principale dello studio. «Sulla base dei nostri risultati, poi, i medici e gli infermieri» alle prese con i malati in ambienti chiusi, sono più esposti«. Dunque «potrebbero dover indossare una mascherina speciale, aderente e dotata di filtro, per la cura di routine dei pazienti con influenza, piuttosto che la semplice mascherina chirurgica attualmente raccomandata» per evitare il contagio.
LO STUDIO – Nello studio, 94 pazienti sono stati sottoposti a screening per sintomi influenzali, nella stagione 2010-2011. Tamponi nasali sono stati raccolti da ogni malato, mentre i ricercatori hanno analizzato anche campioni d’aria presa a varie distanze da ciascun paziente durante il trattamento di routine. Ebbene, 61 soggetti sono risultati positivi al virus influenzale e 26 hanno «liberato» il patogeno dell’influenza nell’aria della stanza. Ma non nello stesso modo: cinque influenzati hanno emesso fino a 32 volte più patogeni degli altri. Insomma, per ogni cinque untori, uno si è rivelato un super-untore, «in grado di diffondere elevate quantità di virus nell’ambiente», dice il ricercatore. «Inoltre i pazienti più contagiosi erano anche quelli che presentavano una maggiore gravità della malattia», aggiunge Bischoff. Gli studiosi hanno poi scoperto che le particelle che «ospitano» i patogeni si diffondono nell’aria, dove possono fluttuare per ore e percorrere distanze relativamente lunghe. Superando anche le «barriere fisiche»: le particelle virali più piccole possono facilmente penetrare nelle maschere protettive non aderenti.
Corriere.it – 3 febbraio 2013