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Cervi affamati fanno razzia negli orti della Marca. Non si erano mai spinti così a valle

Ad avere la meglio, per ora e a valle, sono i cervi. In molti, tra chi abita sulle colline di Fregona (Treviso), ai piedi del Cansiglio, hanno deciso di arrendersi.

Il radicchio, piantato nell’orto fuori casa, il giorno dopo non c’era più, mele e pesche sono scomparse improvvisamente dagli alberi, piantine di olivi divorate, uva, come pure la corteccia di molti alberi e tante altre primizie. Dove gli ungulati passano, fanno tabula rasa. Sono ghiotti di quanto le famiglie coltivano, con fatica, nel proprio orto o giardino.

«In molti parlano e parlano di questi cervi, ma senza fatti -ammette Gino Breda che abita a Fregona e che per salvare il suo orto ha dovuto recintarlo-. Certo, finché non si è toccati direttamente tutto va bene. Ho 68 anni ed ho sempre abitato a Fregona, ma mai avevo visto i cervi spingersi così a valle come negli ultimi anni. La gente ora non fa più l’orto, non pianta più alberi da frutto né olivi perché tutto l’impegno sarebbe vano. Non parliamo di perdite economiche importanti, ma è l’impegno che uno mette per mesi che svanisce in poco tempo».

Molti a Fregona hanno così deciso di non piantare più radicchio, patate e pomodori. Il rischio è che le piantine, qualche ora dopo, possano esser estirpate e le primizie divorate dai cervi che si spingono a valle, di notte, alla ricerca di cibo. Qualche anno fa questa gente era stata anche indennizzata dalla Provincia di Treviso per le perdite subite, ma ora soldi non ce ne sono più. C’è chi aveva piantato decine di olivi, ma le piante non sono mai cresciute perché le gemme sono state divorate, anno dopo anno, dagli ungulati. «Avevo piantato in un terreno carpini e castagni, ma sono stati estirpati dai cervi – ricorda Breda -, e per salvare l’orto ho dovuto recintarlo. Questo è l’unico metodo per resistere. Non ce l’ho con i cervi – chiude il fregonese -, ma una soluzione va senz’altro presa se vogliamo che il nostro territorio si salvi. Sono troppi e non oso immaginare quali sarebbero le conseguenze se tra i cervi scoppiasse un’epidemia».

Il Gazzettino – 28 ottobre 2013 

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