Finora è sembrata una partita a tresette col morto. Ma stamattina il morto si presenterà in aula vivo e vegeto, con un emendamento destinato a mandare a gambe all’aria il tavolo da gioco. Gioco, si fa per dire: parliamo del piano sanitario della Regione Veneto, cui non si mette mano dal 1996, un settore che ingoia 8,6 miliardi di euro all’anno su un totale di 13 spesi dal Veneto. È un lascito di Giancarlo Galan, una pentola rimasta sul fuoco da tre lustri. Luca Zaia da quando è arrivato ha provato a scoperchiarla scottandosi sistematicamente: sono perfino mancati i soldi per gli stipendi di medici e infermieri. Il suo uomo ai fornelli è Domenico Mantoan, segretario regionale della sanità, capo dei direttori generali delle Usl.
Per non scottarsi a sua volta, Mantoan ha chiesto aiuto all’altro palazzo della Regione, quello del Consiglio, dove ha trovato sponda immediata in Leonardo Padrin, presidente della commissione sanità. Zaia, Mantoan e Padrin sono i tre giocatori di questa strana partita a tresette, che prevederebbe il “morto” nell’assessore Luca Coletto. In realtà era un’illusione ottica: Coletto è vivo e combatte con loro. Ma contro. Stamattina, all’apertura della discussione in aula, l’assessore presenterà un emendamento che, se accettato, colerà immediatamente a picco uno dei pilastri del piano socio-sanitario 2012-16 della Regione Veneto: il parere obbligatorio e vincolante accordato dal testo di legge alla commissione consiliare presieduta da Padrin.
Non è mai accaduto fino ad ora e c’è un motivo: il potere esecutivo appartiene alla giunta ed è distinto fin dai tempi di Montesquieu dal potere legislativo che appartiene al Consiglio. «La programmazione sanitaria è in capo all’aula ma l’attivazione avviene con atti della giunta», dice Coletto. «Tant’è vero che se il bilancio della sanità è in disequilibrio, è l’assessore ad essere commissariato, cioè il sottoscritto, perché la sanità è fuori dal patto di stabilità. Il commissario diventa il presidente Zaia, il quale a sua volta, se non riesce a riportare il bilancio in parità, diventa ineleggibile. Ma vi sembra che il Consiglio regionale possa fare la programmazione di cui poi rispondo io per primo?» Ma, di grazia, si può sapere perché questa impostazione è andata avanti se lei non era d’accordo? «Non solo non ero d’accordo e l’ho detto in giunta, ma ho dalla mia parte il parere di legittimità dell’ufficio legislativo, che fa da base all’emendamento che presento», risponde Coletto. «Questo passaggio semplicemente non si può fare».
Chissà cosa ne pensa Domenico Mantoan. Cosa ne pensa Leo Padrin è noto: «Se la giunta presenta un emendamento di questo genere mi dimetto», ha detto davanti a testimoni qualche giorno fa. Forse l’ha detto a scopo apotropaico, come certe raffigurazioni della mitologia antica: per impaurire quelli che si bevono la versione. Vedremo oggi chi mancherà per primo di parola. L’asse Mantoan-Padrin ha già fatto con successo la prova generale ieri, con il voto sull’agenzia socio-sanitaria, passata dal controllo del Consiglio a quello della giunta: uno a zero per Mantoan. In compenso è stato bloccato il passaggio dell’Arpav dall’ambiente alla sanità, che doveva fare il due a zero per Mantoan: qui il fiancheggiamento di Padrin segna il passo. Il quarto giocatore, Luca Zaia, non è ancora entrato in campo. Flavio Tosi, promoter di Coletto, è a New York.
Renzo Mazzaro – Il Mattino di Padova – 13 giugno 2012