Il panorama delle categorie escluse dai ticket sanitari non è rimodulabile dalle Regioni, perché l’elenco definito dalla legge statale (articolo 8, comma 16 della legge 537/1993) è tassativo.
A blindarlo sono le «esigenze di coordinamento della finanza pubblica», di competenza esclusiva statale come la materia della «tutela della salute» a cui la questione ticket rimanda.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale, che nella sentenza 325/2011 depositata il 2 dicembre è tornata sul tema caldo dei ticket (mentre si studia la possibilità di anticipare all’anno prossimo i pagamenti sui ricoveri ora in programma per il 2013: si vedano i servizi a pagina 10), bollando come illegittimo il tentativo della Regione Puglia di far evitare la «compartecipazione alla spesa sanitaria» a serie di categorie “ignorate” dalla legge statale. Oltre ai portatori di patologie neoplastiche e ai pazienti in attesa di trapianto, la Finanziaria del 1994 che ha disciplinato la platea dei ticket ha fissato una serie di parametri incrociati fra età e reddito per individuare le categorie da esentare dal pagamento. Nel 2010 la Regione Puglia ha esteso la tutela ad altre fasce di popolazione, a partire dai lavoratori in cassa integrazione o in mobilità. Anche in questo caso, l’esenzione è stata limitata a determinate fasce di reddito: 8236,31 euro, incrementati a 11.362,05 quando c’è un familiare a carico e di 516,46 per ogni figlio. Quando si occupa delle difficoltà di lavoro, invece, la normativa nazionale sui ticket esclude solo i disoccupati e i familiari a carico, e non cita nemmeno gli «inoccupati» (che a differenza dei primi non sono iscritti a liste di collocamento) compresi invece nelle esenzioni pugliesi. Nel ricorso alla Consulta lo Stato ha messo nel mirino la Finanziaria regionale del 2011, ma la bocciatura costituzionale fa decadere anche l’assestamento di bilancio che l’aveva sostituita senza cambiare la platea degli esenti.
Uno stop dalla Corte quindi, tanto più che secondo la presidenza del Consiglio che ha impugnato la legge la generosità pugliese sarebbe «assolutamente priva di ogni copertura finanziaria». Un fatto, questo, che metterebbe la legge pugliese in contrasto anche con l’articolo 81 della Costituzione, dove l’obbligo di introdurre spese solo indicando i mezzi per farvi fronte è già previsto anche prima della riforma che costituzionalizza il pareggio di bilancio. Il problema è particolarmente delicato in una Regione come la Puglia, impegnata in un piano di rientro dal deficit sanitario, le cui previsioni sono fissate dall’accordo con il ministero dell’Economia e non possono essere disattese senza violare la Finanziaria 2010 (legge 181/2009).
gianni.trovati@ilsole24ore.com – 3 dicembre 2011