Il governo resiste all’euforia. I segnali di ripresa ci sono, ma meglio essere cauti. Il ministro per le Riforme istituzionali, Maria Elena Boschi, ieri ha fatto un’apparizione fugace al Forum della Confcommercio, a Cernobbio. Il tempo di fare il pieno di attenzioni e di riportare un po’ di calma sulle prospettive di crescita.
L’organizzazione guidata da Carlo Sangalli aveva aperto i lavori con una stima molto ottimistica: +1,1% di aumento del Prodotto interno lordo (Pil) per quest’anno, grazie anche alla spinta dell’Expo di Milano e +1,4% per il 2016. «Ci sono segnali positivi, io credo nella ripresa. Siamo determinati a portare avanti le riforme necessarie: per questo un anno fa abbiamo cambiato passo. Però dobbiamo restare prudenti: nel Documento di economia e finanza che verrà presentato in Parlamento entro il 10 aprile, il governo ha fissato una crescita dello 0,7% per il 2015. Naturalmente spero di sbagliarmi e di venire qui il prossimo anno per riconoscere che aveva ragione Confcommercio». Così il ministro Boschi.
L’esecutivo, in realtà, si limita a ritoccare di un solo decimale lo 0,6% considerato finora, senza discostarsi dal sentiero tracciato dalle principali istituzioni internazionali. Anziché assecondare il «movimentismo» della Confcommercio si preferisce fare solo un piccolo passo avanti rispetto all’analisi della Commissione europea, che lo scorso febbraio ha pronosticato lo 0,6% per il 2015 e l’1,3% per il prossimo anno. Lo stesso traguardo, per citare l’aggiornamento più recente, viene indicato dall’Ocse. E il 14 marzo anche il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, aveva detto che per il 2015 la crescita sarebbe «stata un po’ più dello 0,5%». Ieri poi da Venezia il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha spronato il governo sulle riforme perché «credo sia necessario per il nostro Paese tornare al 2% di crescita».
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, condivide tutte queste valutazioni. Intervistato da «Le Figaro», in vista della visita ufficiale a Parigi in programma domani, il capo dello Stato ha sviluppato un ragionamento su Europa ed economia che parte proprio da lì: «La crisi ha segnato profondamente l’Italia con un alto tasso di disoccupazione tra i giovani e nel Mezzogiorno. Alcuni indicatori suggeriscono oggi che l’uscita dal tunnel è in vista e sta tornando la fiducia tra gli operatori. Affrontare la crisi con rigore era giusto. È giunto il momento di andare oltre questo rigore per stimolare la crescita. Con la dovuta cautela si può dire che l’Italia si appresta a uscire dalla crisi». Il presidente appoggia il «piano Juncker», gli investimenti varati dalla Commissione Ue. Inoltre insiste sulla necessità di rilanciare il processo di integrazione europea, «risvegliando lo spirito dei padri fondatori, Schumann, Adenauer, De Gasperi». E allora Francia, Germania e Italia devono assumersi «una nuova responsabilità».
Giuseppe Sarcina – Il Corriere della Sera – 29 marzo 2015