Con una nota del 17 gennaio la Direzione della sanità animale e del farmaco veterinario del Ministero della Salute ha diffuso il Piano di monitoraggio nazionale per l’influenza aviaria 2013. Il Piano dovrà essere portato a conclusione entro e non oltre il 31 dicembre 2013 e, a tale fine, è stato chiesto agli enti ed alle amministrazioni destinatarie, Servizi veterinari regionali, Izs e al Centro di referenza presso l’IzsVe, di darne la massima divulgazione. Il Piano descrive i programmi di sorveglianza dell’influenza aviaria nel pollame e nei volatili selvatici; la situazione epidemiologica della malattia negli ultimi 5 anni sia per il pollame che per i volatili selvatici; le misure da applicare in relazione alla notifica della malattia e un analisi particolareggiata dei costi.
Il metodo di sorveglianza da attuare nel 2013 in Italia è stato definito in base al rischio, tenendo in considerazione i seguenti fattori:
– ubicazione delle aziende avicole in prossimità di zone umide, stagni, paludi, laghi, fiumi o litorali marini dove possono raccogliersi gruppi di volatili acquatici selvatici (Allegato 1);
– ubicazione delle aziende avicole in zone ad alta densità di volatili selvatici migratori, in particolare di quelli definiti “specie bersaglio” per l’individuazione del virus H5N1 dell’HPAI, elencati nella parte 2 dell’Allegato II
della Decisione della Commissione 2010/367/UE;
– presenza di aree ad alta densità di aziende avicole (DPPA) (Allegato 2);
– struttura e gestione del sistema produttivo avicolo;
– situazione epidemiologica presente e pregressa (fattori di rischio di introduzione diffusione rilevati nel corso delle precedenti epidemie) (Allegato 6);
– flusso e tipologia di scambi commerciali;
– tipologia produttiva e biosicurezza degli allevamenti commerciali di specie a rischio (presenza nell’azienda di categorie di pollame a lunga vita produttiva, multietà e multi specie);
– presenza di aziende avicole in cui il pollame o altri volatili sono tenuti all’aperto in strutture che non possono essere sufficientemente protette dal contatto con i volatili selvatici.
In base al rischio di introduzione e/o di diffusione verranno testati sia allevamenti del settore industriale sia del settore rurale (svezzatori, commercianti e rurali).
Popolazione bersaglio – Nel programma di sorveglianza saranno sottoposte a campionamento le seguenti specie e categorie di pollame:
a) galline ovaiole;
b) galline ovaiole free-range;
c) polli riproduttori;
d) tacchini riproduttori;
g) quaglie riproduttori;
h) tacchini da ingrasso;
i) anatre da ingrasso;
j) oche da ingrasso;
k) selvaggina da penna di allevamento (gallinacei), soprattutto uccelli adulti e riproduttori;
l) selvaggina da penna di allevamento (acquatici);
Inoltre nell’ambito della sorveglianza, saranno individuati in base alla valutazione del rischio, ulteriori allevamenti rurali e free-range. Le caratteristiche di tali allevamenti infatti li rendono maggiormente soggetti a nuove introduzioni virali. In considerazione della breve vita produttiva saranno esclusi dal piano di monitoraggio i broiler e le quaglie da carne.
Design (Risk-based or surveillance-based on representative sampling) – Dal 1999, il settore avicolo nazionale è stato interessato da diversi episodi di influenza aviaria sia ad alta (HPAI) sia a bassa patogenicità (LPAI) che hanno provocato notevoli danni economici al comparto avicolo industriale. Le epidemie si sono concentrate in particolare a livello delle aree densamente popolate (DPPA) che sono inoltre caratterizzate dalla presenza di zone umide in corrispondenza di rotte migratorie e siti di svernamento degli uccelli selvatici (Allegato 1). L’analisi della situazione epidemiologica e dei fattori di rischio presenti in queste aree sono alla base della ridistribuzione della numerosità campionaria e della ridefinizione della frequenza del campionamento negli allevamenti avicoli a livello nazionale. In particolare, è stata presa in considerazione la concentrazione e la tipologia delle aziende avicole in zone ad alta densità.
A seguito dell’elaborazione dei dati di popolazione, presenti in Banca dati Nazionale (BDN), sono state predisposte mappe relative alla presenza di allevamenti distribuiti per comune (Allegato 2) e una mappa con la presenza di allevamenti delle specie considerate a maggior rischio (tacchini da carne, riproduttori di tutte le specie, anatre e oche e galline ovaiole) (Allegato 3) sulla base dei dati epidemiologici delle precedenti epidemie di influenza aviaria in Italia. Si può osservare come la maggiore numerosità di allevamenti è presente in una macroarea area che ricomprende gran parte della Regione del Veneto e della Lombardia (province di Verona, Vicenza, Padova, Brescia, Mantova Cremona e Bergamo), nella quale sono concentrate oltre il 70% delle produzioni avicole nazionali. Si possono inoltre osservare altre 3 zone ad elevata densità: una nella parte occidentale del Piemonte, una a sud del Friuli-Venezia Giulia e una nella parte Sud-Est dell’Emilia Romagna. Prendendo in considerazione quale fattore di valutazione esclusivamente le specie che risultano a maggior rischio di infezione, solo la parte di territorio del Veneto, della Lombardia e dell’Emilia Romagna risultano essere quelle da sottoporre a monitoraggio con frequenza elevata, in particolare a livello di allevamenti industriali. Sono stati considerati a rischio d’introduzione gli allevamenti, in particolare quelli free-range, ricadenti nelle aree di svernamento del germano reale (Allegato 1). Tali aree sono, per la gran parte, sovrapponibili alle aree densamente popolate di avicoli (Allegato 2) e sono state quelle maggiormente colpite nelle epidemie italiane di LPAI e HPAI. Dato che la maggior parte degli allevamenti free-range è di tipo rurale, un numero di tali allevamenti verrà campionato con cadenza semestrale (in concomitanza con le rotte migratorie, in primavera e autunno) per valutare la possibile introduzione virale.
L’attività di monitoraggio, in atto a livello nazionale, ha inoltre permesso l’identificazione di positività a ceppi di influenza aviaria del sottotipo H7N3 a bassa patogenicità nel 2007 e nel 2009-2010 (Allegato 4). Tali epidemie hanno coinvolto quasi esclusivamente il settore rurale (svezzatori e commercianti). Per prevenire l’ulteriore diffusione della malattia a livello nazionale, è stata definita una strategia basata sulla definizione di livelli di rischio. Tali misure hanno previsto l’aumento delle norme di biosicurezza e una maggiore regolamentazione delle movimentazioni. In base alla procedura definita a livello nazionale, gli svezzatori per poter commercializzare a livello nazionale devono essere accreditati e garantire il rispetto di elevati requisiti strutturali, manageriali e sanitari. Sulla base della situazione di rischio risulta indispensabile ricomprendere tali categorie nell’ambito del piano di sorveglianza. I controlli verranno effettuati con modalità e cadenze differenti in relazione alle specie allevate e alle caratteristiche dei flussi commerciali.
Il Ministero della Salute ha emanato un provvedimento per il settore avicolo rurale, definito sulla base del rischio, (Allegato 5).
18 gennaio 2013 – riproduzione riservata