Dopo gli ultimi scandali il governo lavora a un decreto forse pronto già giovedì. Nel mirino anche i manager delle municipalizzate
Il governo sta lavorando a un decreto che farà scattare immediatamente rigidi controlli della Corte dei Conti sui bilanci dei partiti a tutti i livelli, da quello nazionale alle spese sostenute dai gruppi consiliari comunali passando, ovviamente, per quelli delle Regioni e delle Province. Scatteranno sanzioni pesanti se i bilanci non saranno garantiti da ricevute. Saranno vietate autocertificazioni e automatismi che sono stati usati da partiti e singoli consiglieri come grimaldello per avviare il banchetto collettivo sui soldi pubblici emerso in questi giorni.
E’ questa la novità principale del provvedimento che dovrebbe essere presentato giovedì 4 ottobre in Consiglio dei ministri. Il condizionale è d’obbligo perché le norme sono particolarmente delicate, a ogni virgola c’è il rischio di far scoppiare un conflitto istituzionale con le Regioni la cui autonomia è garantita dalla Costituzione.
Per evitare che «l’operazione trasparenza» venga impugnata da micidiali ricorsi al Tar, gli esperti legislativi della presidenza del Consiglio si stanno concentrando su alcuni punti che, peraltro, sono stati suggeriti dagli stessi presidenti delle Regioni che si sono riuniti giovedì scorso a Roma.
Innanzitutto sarà confermato il taglio di 300 poltrone di consigliere previsto già da una delle manovre presentate nel 2011 dall’allora ministro Giulio Tremonti. Poiché la Corte Costituzionale ha giudicato legittimo il taglio respingendo il ricorso di alcune Regioni (fra le quali il Lazio), ora il governo si sente autorizzato al passo successivo: il decreto imporrà delle sanzioni salatissime alle Regioni che non dovessero adeguarsi. La norma è tutt’altro che banale: scattando subito costringerà anche la Regione Lazio – nonostante il Consiglio sia sciolto – a passare da 71 a 50 consiglieri già dalle elezioni che si terranno nei prossimi mesi. Fra le ipotesi allo studio anche quella di eliminare i benefici economici garantiti ai gruppi politici indipendentemente dal numero dei consiglieri. Nelle Regioni, infatti, si è diffusa la moda di costituire gruppi con un solo consigliere con l’esplicito obiettivo di accaparrarsi gli aumenti di stipendio e le assunzioni di collaboratori a carico dei bilancio pubblico previste per ogni partito.
Un altro punto qualificante del provvedimento sarà quello dei tagli ai compensi dei politici locali ma anche – e questa è una novità importante – a quelli degli amministratori delle numerosissime società possedute da Regioni, Province e Comuni. Con ogni probabilità il governo fisserà dei tetti di compenso entro i quali gli enti manterranno la loro autonomia. Un’autonomia da utilizzare pero in un sono senso: quello della riduzione degli stipendi rispetto al tetto nazionale.
Non è ancora chiaro se anche i vitalizi, ovvero le pensioni a vita che nel Lazio scattano addirittura a soli 50 anni, finiranno nel mirino del decreto oppure no. E’ certo invece che il governo sta lavorando anche ad un disegno di legge costituzionale per rivedere i poteri delle Regioni giudicati eccessivi. Ma questo argomento per la sua complessità e per la vicinanza della fine della legislatura è destinato ad essere affrontato successivamente. Ora si tratta di tappare subito un buco maleodorante e di sigillarlo per bene.
Il Messaggero – 30 settembre 2012