Contratti e cassa in deroga dividono la maggioranza Cgil e Cisl: necessari contrattazione e accordo tra le parti sociali Damiano auspica una convocazione del premier Letta per trovare convergenza. Se proprio una spaccatura non è, di certo il tema del lavoro divide la maggioranza di governo che oggi unisce Pd e Pdl.
Per questo la settimana si preannuncia intensa, con l’apertura della discussione (domani) in Senato degli oltre cinquecento emendamenti al decreto Giovannini sul lavoro.
Tanti i temi sul tappeto: dalla maggiore flessibilità dei contratti per l’Expo al rifinanziamento della cassa in deroga, dall’allargamento della platea di chi può usufruire di incentivi a quelli previsti per l’occupazione femminile.
Le maggiori frizioni riguardano la richiesta del partito di Berlusconi di una sperimentazione legata all’Expo’ per rendere più flessibile l’uso dei contratti a termine dei più giovani.
Il Pdl chiede che in questo caso la flessibilità sia massima, il Pd al contrario teme che non resti circoscritta all’Expo e che diventi una sorta di legittimazione normativa alla precarietà.
La proposta è quella di introdurre contratti a termine fino a 36 mesi, senza causale, rinnovabili fino a sei volte e con appena cinque giorni di intervallo tra un richiamo e l’altro: la sola ipotesi ha fatto sbottare Susanna Camusso, leader della Cgil che li ha bollati come «indecenti».
Al contrario l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi (Pdl) definisce la proposta sperimentale e transitoria» poiché vincolata al contesto dell’evento milanese.
«Ulteriori interventi straordinari e transitori riferibili all’Expo, dovranno essere il frutto di una intesa tra le parti sociali» chiosa un altro ex ministro, il Pd Cesare Damiano, oggi presidente della commissione lavoro alla Camera.
Per l’ex ministro gli emendamenti presentati al Senato dal Pd sul decreto sono importanti ma «questo primo tempo dell’azione di governo, che si è caratterizzato sull’incentivo per l’assunzione dei giovani, può essere irrobustito con alcune correzioni di merito».
Quali siano è presto detto: l’ampliamento della platea degli incentivi al lavoro fino all’età di 35 anni (invece di 29); il congelamento, per il 2014, dell’aumento dei contributi previdenziali a favore delle partite Iva autentiche; il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, sollecitato dalle Regioni.
Il Pdl chiede invece di abbassare a 14 anni l’età per alternare scuola e lavoro e di adattare le regole dei contratti anche ai settori di servizi, turismo e agricoltura.
Il partito di Berlusconi chiede inoltre di modificare la norma con la quale il Tesoro ha coperto il blocco dell’Iva per tre mesi con l’aumento degli acconti Irpef, Ires e Irap di fine 2012.
Una mediazione complessivamente non semplice da trovare se nel caso dei contratti per l’Expo i sindacati in primis (Cgil e Cisl) parlano della necessità di «contrattazione e accordo tra le parti sociali».
Le altre richieste del Pd riguardano gli incentivi per il lavoro femminile giovanile (650 euro invece dei 500 previsti per gli uomini), l’una tantum per i collaboratori a progetto privi di ammortizzatori che andrebbe rifinanziata e anche il ritorno alla legge Fornero per i contratti a progetto, visto che il decreto Giovannini prevede maggiore flessibilità.
Le posizioni sono dunque distanti, e non è un caso se proprio sul tema Damiano auspica una convocazione del premier Enrico Letta delle parti sociali per «trovare una convergenza sui contenuti e non ledere l’autonomia della contrattazione».
Quello del decreto lavoro sarà insomma una marcia difficile, l’ultima dei sei provvedimenti che di qui a fine agosto devono essere convertiti dal Parlamento pena la decadenza: si tratta dei decreti «del Fare», per la proroga degli incentivi, di blocco dell’Imu, sull’Ilva e per il pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione.
La Stampa – 15 luglio 2013