«Nel caso in cui lo Stato non attui le riforme concordate, la deviazione temporanea dall’obiettivo di medio termine non sarebbe più garantita» e «la mancata attivazione della clausola sulle riforme (o il suo venir meno) comporterebbe la necessità di una correzione dell’indebitamento netto strutturale dello 0,5% (a fronte dello 0,1 previsto), riportando quindi il pareggio del bilancio strutturale al 2016». Lo segnalano i tecnici del Servizio Bilancio di Camera e Senato, in un dossier di 215 pagine dedicato al Def. La manovra sarebbe quindi pari allo 0,4%, cioè circa 6 miliardi.
Assenti nel cronoprogramma alcune deleghe
Il Def 2015 definisce un cronoprogramma per l’attuazione del Jobs act, prevedendo l’adozione, entro maggio 2015, dei Dlgs sulla semplificazione delle procedure e degli adempimenti e sull’Agenzia per l’attività ispettiva; ed entro giugno 2015, dei Dlgs sugli ammortizzatori sociali e sulle politiche attive. «Il cronoprogramma – sottolineano i Servizi Bilancio di Camera e Senato – non sembra prevedere l’adozione di decreti legislativi volti ad attuare talune parti della legge delega, in particolare quelle relative all’introduzione del tax credit quale incentivo al lavoro femminile e alla cessione di giorni di riposo aggiuntivi fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro». Il dossier ricorda che il Def prevede anche la presentazione, entro il 2015, di un Ddl del Governo «per consentire, attraverso la contrattazione aziendale (o territoriale), l’adozione di modelli di partecipazione dei lavoratori nella vita delle imprese e per favorire l’evoluzione nelle relazioni industriali».
Nel 2015 la spesa per interessi sul debito diminuirà del 7,7%, pari a 5,8 miliardi in meno, grazie soprattutto agli effetti del Qe della Bce, si evince dal dossier del Servizio di bilancio di Camera e Senato sul Def. Nel 2016 è prevista una ripresa con un incremento del 2,7% cui dovrebbe poi seguire una fase discendente a partire dal 2017. Nel 2014 la spesa per interessi si è attestata al 4,7% del Pil (75,2 miliardi), riducendosi del 3,5% rispetto al livello del 2013 (78 miliardi di euro). «La scelta di come tradurre in termini di politiche di bilancio le scelte sul livello dell’indebitamento netto ha ricadute non secondarie in considerazione sia degli effetti moltiplicativi sul Pil che di quelli redistributivi», sottolineano i tecnici del Servizio Bilancio del Senato in un dossier sul Def, in merito al cosiddetto «tesoretto» da 1,6 miliardi di euro per il 2015 indicato dal governo. Nel dossier, si fa notare che la documentazione contenuta nel Def in merito al percorso di discesa del debito pubblico non è completa e sarebbe «auspicabile» che il governo consegnasse anche «una tabella analitica» o quantomeno dettagliasse meglio i grafici con i dati in corrispondenza dei singoli anni considerati.
Il livello di privatizzazioni non è in linea con le attese Ue
Il concorso dei proventi da privatizzazioni alla riduzione programmatica del debito previsto dal Def 2015 è «inferiore» a quello cui fa riferimento la Relazione della Commissione europea sugli squilibri macroeconomici, segnala il servizio Bilancio del Senato nel dossier sul Documento. Nel percorso di riduzione del debito nel quadriennio 2015-2018, riportano i tecnici, è previsto un «significativo concorso» dei proventi da privatizzazioni (rispettivamente 0,41, 0,5, 0,5 e 0,3% di Pil per una cifra di poco inferiore ai 30 miliardi di euro) ma nella Relazione della Commissione «si rileva come il programma di privatizzazioni, sebbene abbia subito ritardi di attuazione, dovrebbe registrare un’accelerazione nel 2015 e generare proventi pari allo 0,7% del Pil all’anno nel triennio 2015-2017». I tecnici del Senato ricordano come il conseguimento degli obiettivi programmatici legati alle privatizzazioni «non sia risultato esente da difficoltà negli ultimi anni» e che si è passati da una previsione del Def 2013 per il quinquennio 2013-2017 pari a circa un punto percentuale di Pil annuo, a una, nel Def 2014, di 0,7 punti percentuali di Pil per ciascuno degli anni dal 2014 al 2017 (passato poi allo 0,3% per il 2014 nella Nota di aggiornamento).
Il Sole 24 Ore – 17 aprile 2015