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Delega lavoro verso la fiducia. Squinzi: «L’articolo 18 è un simbolo, un mantra da modificare. Renzi determinato»

Sul Jobs act il governo è orientato a porre la fiducia al testo votato dai senatori della maggioranza in commissione Lavoro. È questo lo scenario più probabile in vista di martedì, quando riprenderà l’esame in Aula del Ddl delega che – a causa del numero di interventi, circa una trentina – sarà votato a partire da mercoledì.

C’è anche un’opzione alternativa, ovvero che il governo decida di accettare un numero ristretto e selezionato di emendamenti, ma in questo caso dovrebbe individuare una serie di proposte in grado di non compromettere l’equilibrio raggiunto tra le due anime della maggioranza, ovvero il Pd e l’area “moderata” (Sc, Pi, Ncd, Svp). Contro l’ipotesi della fiducia si schiera la minoranza del Pd, considerata «un grave errore».

Quanto al documento della direzione nazionale del Pd, si ragiona su un riconoscimento “politico” da parte del governo che, in sede di illustrazione del testo del Ddl nell’Aula di Palazzo Madama, potrebbe rimandare all’attuazione delle deleghe per accogliere alcune delle quattro proposte votate dai Dem. Il recepimento in un ordine del giorno, invece, dal punto di vista tecnico sembra complicato se si ricorrerà alla fiducia. Il nodo è quello dell’applicazione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, già modificato dalla legge Fornero, per le nuove assunzioni con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti: il premier Renzi intende ridurre la discrezionalità dei giudici in caso di licenziamento economico e disciplinare.

Sul tema è intervenuto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «L’articolo 18 è un simbolo, un mantra da modificare» ha detto, aggiungendo «sono le imprese italiane che possono dare lavoro. E lo possono fare solo creando un quadro favorevole agli investimenti. Non chiedono altro che di operare in un paese normale». Squinzi ha anche riconosciuto che su questo tema «Renzi ha molta determinazione. Guardiamo con fiducia al processo in atto». Ieri Squinzi era in compagnia del governatore del Piemonte, Sergio Chiamparino, che visitando l’impianto della Vinavil (Gruppo Mapei) a Villadossola, ha detto: «Ci vuole equilibrio. La Mapei non ha mai utilizzato l’articolo 18 eppure ha fatto grandi investimenti e creato lavoro in questo stabilimento».

Il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, evidenzia che «sui licenziamenti disciplinari la legge Fornero non ha funzionato benissimo», il procedimento «è inceppato, e il ricorso alla via giudiziaria è molto superiore a quello che sarebbe l’ottimale. Stiamo cercando di smussare quell’angolo, nel rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori». Contro il ricorso alla fiducia si schiera la sinistra Pd, per voce di Cesare Damiano: «Sarebbe una scelta molto grave, impedirebbe al Parlamento di contribuire al miglioramento della delega – afferma–. Non si può ignorare che sono stati presentati numerosi emendamenti, alcuni dalla stessa minoranza del Pd». Mentre per Sc, Pietro Ichino si dice «convinto che le istanze provenienti dalle varie componenti della maggioranza siano facilmente conciliabili in sede di decreto delegato».

Ma il Jobs act riguarda anche le politiche attive. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, punta l’indice contro «una formazione gestita esclusivamente nella dimensione regionale», che «non funziona e non ci aiuta neppure nell’usare al meglio le risorse». Plaude Maurizio Sacconi (Ncd) rilanciando la proposta di «trasferire la competenza esclusiva dalle Regioni allo Stato e collegarla ai sussidi che lo Stato necessariamente gestisce».

Il Sole 24 Ore – 4 ottobre 2014 

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