L’avevano annunciato sbandierandolo ai quattro venti, alla fine l’hanno fatto. E la procura di Padova, sulla base di quei tre esposti-querela nei confronti di deputati, senatori, membri del governo presente e passato accusati di istigazione al suicidio (articolo 580 del codice penale), ha aperto un fascicolo d’indagine.
Nessun indagato e nessuna ipotesi di reato per un’inchiesta al momento solo conoscitiva e dall’esito comunque non scontato perché le indagini, adesso, sono partite. Nei prossimi giorni infatti la polizia giudiziaria convocherà al quarto piano del palazzo di Giustizia di Padova i tre imprenditori firmatari degli esposti arrivati sul tavolo del procuratore capo Mario Milanese. Da loro gli investigatori vorranno sapere in che cosa sono consistiti i fatti istigatori dei politici, da che cosa gli imprenditori si sono sentiti minacciati e quali siano stati i comportamenti della «casta» che li hanno costretti a non vedere una via d’uscita e tentare di togliersi la vita. Una prima risposta arriva già dai due fogli prestampati scaricati dalla pagina Facebook del «Comitato 580 cp» accessibile a chiunque, firmati e spediti in procura: dopo le generalità di chi denuncia, uno dietro l’altro ecco snocciolati gli articoli 2 (diritti inviolabili dell’uomo) e 32 (tutela della salute) della Costituzione italiana e gli articoli 1, 2, 19 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo in sostegno del «diritto alla vita di ogni persona» che deve «essere protetto della legge». Per poi puntare la lente d’ingrandimento su quanto è successo in Italia a partire dal gennaio 2012, quando i suicidi «per crisi» erano una triste novità e non una consuetudine. A fronte di tutto questo, secondo i denuncianti, lo Stato sarebbe rimasto immobile. «Il Governo italiano, il Parlamento tutto – si legge al penultimo punto del documento – non hanno messo in atto provvedimenti tali da impedire che si succedessero i suicidi a causa della perdita del posto di lavoro, a causa della crisi economica che ha colpito duramente i piccoli artigiani, commercianti, agricoltori». Anzi, stando alla stretta lettura della querela, i politici, nessuno escluso, invece di tentare di recuperare le migliaia di beni sottratti alle tassazioni del Fisco perché depositati all’estero, hanno «finanziato con i gettiti erariali banche private come Mps, ma risorse finanziarie e programmi per tutelare la vita dei cittadini italiani rimasti senza reddito, giammai». Così, di fronte al vuoto di «fondi a tutela dei meno abbienti e dei disoccupati» ecco che «il sottoscritto come sopra identificato» chiede «di procedere penalmente nei confronti di tutti i membri del governo, come anche i deputati e i senatori dell’attuale e passata legislatura, che hanno assistito incuranti al volgere della crisi e alle sue drammatiche conseguenze, ovvero quanti verranno ritenuti responsabili del rato previsto e punito dall’articolo 580 del codice penale».
L’inchiesta è avviata, resta da capire ora cosa diranno i firmatari delle querele e se ci possano essere i profili giuridici per iscrivere sul registro degli indagati ministri e parlamentari. Perché è questo che chiede il pool di avvocati (tra cui Carlo Taormina) capitanato dal legale di Potenza Antonio Grazia Romano, che ha acceso la miccia della protesta traducendo il malessere e la sfiducia di tante persone in una denuncia-querela scaricabile da Facebook.
Nicola Munaro – Corriere Veneto – 1 febbraio 2014