Governo e regioni hanno raggiunto ieri l’intesa per applicare in Italia la riforma della Politica agricola comune 2014-2020. L’accordo regola la distribuzione per i prossimi sette anni dei circa 4 miliardi annui di aiuti diretti alle imprese a cui si aggiungono altri 2 miliardi (cofinanziamento nazionale incluso) riservati ai programmi regionali di sviluppo rurale. In totale oltre 50 miliardi.
Il cuore del provvedimento è rappresentato dal graduale riavvicinamento del valore dei pagamenti, oggi profondamente diversificato tra le diverse produzioni e tipologie aziendali. Un’operazione che comporta anche un travaso di fondi a spese delle regioni tradizionalmente più produttive compensate, in parte, dagli aiuti accoppiati (legati alla produzione) a zootecnia e olivicoltura. La riforma Ue prevede un massimale del 15% del monte aiuti totale da destinare ai settori in crisi di mercato. Alla fine il compromesso assegna ai piani di settore l’11% del plafond, premiando anche riso e colture proteiche. L’intesa, nonostante alcune critiche di assessori e mondo agricolo, rappresenta comunque un successo per il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, considerando anche le difficoltà incontrate in tutta Europa nell’applicazione di una riforma estremamente complessa. Ora Martina potrà presentarsi al semestre di presidenza con i famosi compiti a casa già fatti. «Abbiamo fatto scelte decisive per il futuro dell’agricoltura – spiega soddisfatto il ministro –, guardando in particolare a settori strategici come la zootecnia e l’olivicoltura e programmandounpiano proteico nazionale. Fondamentali anche le scelte di una più equa distribuzione delle risorse. Abbiamo privilegiato il lavoro e i giovani, perché questo settore può essere protagonista del rilancio economico del paese».
I nuovi aiuti saranno inferiori al passato, mal’accordo garantisce che nel graduale (e parziale) processo di convergenza nessuno potrà vedersi tagliato l’assegno più del 30 per cento. Inoltre, la definizione della figura di agricoltore attivo garantisce che i premi andranno solo agli imprenditori agricoli professionali, coltivatori diretti e imprese con partita Iva. Insomma solo a chi fa veramente agricoltura. L’allargamento della «black list» poi, dopo gli scandali del passato, escluderà dall’elenco dei beneficiari dei contributi banche, società finanziarie, assicurative e immobiliari. I giovani agricoltori potranno contare su un bonus del 25% per i primi cinque anni di attività. I pagamenti diretti superiori a 150mila euro saranno ridotti del 50% e del 100% quelli oltre i 500mila, tenendo però conto del costo del lavoro (manodopera, salari stipendi e contributi versati a qualsiasi titolo per l’esercizio dell’attività agricola) che sarà esentato dal taglio.
Il Sole 24 Ore – 28 maggio 2014