Una procedura più snella. Nella quale l’impresa si accolla completamente i costi del prepensionamento dei lavoratori più anziani. Con l’obiettivo di favorire “processi di avvicendamento” con l’ingresso di “forze fresche” (e cioè, giovani) in azienda. È questa la ratio delle disposizioni sul lavoro inserite nel dl Sviluppo, approdato ieri alla Camera, dove gli uffici di presidenza delle commissioni Attività produttive e Trasporti hanno fissato per lunedì 10 dicembre alle ore 13,30 il termine per la presentazione degli emendamenti. Su un testo però che arriva sostanzialmente blindato (il dl va infatti convertito in legge entro il 18 dicembre), e come ha ribadito ieri il sottosegretario Guido Improta per eventuali modifiche occorrerebbe «un accordo su un pacchetto di disposizioni su cui votare rapidamente» (e con il rischio, dopo, di un nuovo passaggio ad alta tensione in Senato).
Le norme sul lavoro (inserite in extremis dal Governo) ritoccano l’articolo 4, commi da 1 a 7, della legge Fornero (in tema di interventi in favore di lavoratori anziani) prevedendo, in primo luogo, la possibilità, in presenza di accordi sindacali, di procedere a prepensionamenti (per qualsiasi dipendente) anche nell’ambito delle procedure di mobilità collettive disciplinate dagli articoli 4 e 24 della legge 223/91. Si consente poi alle imprese di derogare dall’obbligo di dare la precedenza, in caso di assunzioni anche presso le unità produttive interessate dai licenziamenti in deroga, ai lavoratori messi in mobilità dalle stesse aziende; e si stabilisce (ancora) come, trovata l’intesa con i sindacati, il datore di lavoro possa recuperare il contributo di accesso alla mobilità «mediante conguaglio con i contributi dovuti all’Inps».
A ben vedere, pertanto, si tratta di disposizioni che semplificano la fase di fuoriuscita del personale più anziano («la procedura prevista dagli articoli 4 e 24 della legge 223 è molto complessa e prevede tanti adempimenti», ha ricordato Giorgio Santini della Cisl), e soprattutto con le nuove disposizioni si favorisce il “turn over” tra il personale “prepensionando” e i giovani; senza, peraltro, sfavorire i lavoratori, visto che si lasciano inalterate tutte le garanzie. Attualmente, la normativa contenuta nella legge 92 prevede che, in caso di eccedenza del personale, si possano stipulare accordi tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e sindacati più rappresentativi a livello aziendale che pongano a carico del datore di lavoro l’erogazione di una prestazione (di pari importo alla pensione che spetterebbe a legislazione vigente) e dei contributi (fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento) ai lavoratori maggiormente anziani, al fine di incentivarne l’esodo.
Con le modifiche contenute nel dl Sviluppo si prevede, semplicemente, che questa prestazione (a totale carico del datore di lavoro) possa essere oggetto di accordi sindacali nell’ambito delle procedure di mobilità collettiva. Ovvero, aggiunge la norma, «nell’ambito di processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo».
In pratica, quindi, se queste nuove norme diventeranno legge, si prospetteranno (per imprese e lavoratori) due procedure alternative per gestire gli esuberi. La prima, che richiede un accordo sindacale, la validazione dell’Inps e l’accettazione del singolo lavoratore interessato (al prepensionamento); e l’altra più snella, in base alla quale, concluso l’accordo sindacale, viene consentito al datore di lavoro, sempre ottenuto l’ok dall’Inps, di procedere ai prepensionamenti. Entrambe le procedure lasciano comunque inalterate le garanzie per tutti i lavoratori. Di diverso avviso l’ex ministro Cesare Damiano (Pd) che ha giudicato le nuove norme «inique e contraddittorie».